Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/120

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IFIGENIA IN AULIDE 117

Perché l’occhio pien di sangue vai girando? Forse cerchi
la tua moglie saggia? Offrirtela non posso io: ché male accorto
ti mostrasti a custodirla; ma scontar debbo il suo torto
io, che fallo non commisi? — Ch’io son tutto vanità
mi rimproveri. Ma tu, non ti curi d’onestà,
la ragione poni in bando, per goderti a tuo bell’agio
una bella donna: turpi son le brame del malvagio.
M’ero appreso a un mal consiglio. Or nel novero dei pazzi
devo andar, perché lo muto? Tu piuttosto! Ti sbarazzi
d’una moglie trista, un Nume tal fortuna ti concede,
e di nuovo tu riprendere te la vuoi. Giuraron fede
quegli stolidi dei suoi pretendenti. La Speranza
li convinse, ch’è pur Diva, credo, e non la tua prestanza.
Or li tieni: in campo guidali: pronti son, ché son dementi.
Però, Dio, che non è sciocco, ben distingue i giuramenti,
quei che son prestati senza senno, e quei che sono estorti.
Non sarà che i miei figliuoli per mia mano cadan morti.
Non sarà che tu trionfi, a vendetta dello scorno
d’una pessima consorte, e ch’io debba notte e giorno
macerarmi nelle lagrime, se con atto iniquo ed empio
dei figliuoli, a cui la vita diedi pur, facessi scempio.
Ecco quello ch’io ti dico, senza ambagi e breve e chiaro:
se ragion tu non intendi, ai miei casi io ben riparo.

coro

Questi discorsi molto differiscono
da quelli innanzi espressi, ed ammoniscono
bene a ragion, che i figli si risparmino.

menelao

Amici dunque piú non ho, me misero!