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190 EURIPIDE


ifigenia

                                         Ora non vo‘ che lagrime
si versin piú. Fanciulle, e per Artèmide,
per la figlia di Giove, ora un peana
al mio destin levate, per Artèmide,
per la figlia di Giove. E muti restino
i Dànai tutti; e alcun rechi il canestro,
e bruci il fuoco pei libami sacri,
e compia il padre dell’altare il giro,
dalla destra movendo: a tutti gli Èlleni
io la salvezza arreco, io la vittoria.

Me conducete, d’Ilio e dei Frigi
trionfatrice;
d’acqua lustrale le scaturigini
recate, e il serto che a questi riccioli
cinger s’addice;
danze s’intreccino d’intorno al tempio,
d’intorno all’ara:
perché placati siano gli oracoli,
la strage, il sangue mio si prepara.

Deh veneranda, deh veneranda
madre, il mio pianto
per te conviene ch’ora si spanda:
ché poi, nel fausto
rito sconviene. O vergini
con me cantate Artèmide,
che sede ha quivi, di fronte a Càlcide,
dove la flotta di guerra, immobile
per mia cagione convien che resti.
Ahimè, mia madre terra pelasgica,
ahimè, Micene che mi crescesti!