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22 EURIPIDE

né in quell’achiva cittadella, donde,
contro giustizia, ma gonfiando il nome
d’Argo, come or tu fai, via questi supplici
sull’ara assisi discacciasti. Se
questo avverrà, se compimento dessero
a quanto chiedi, io non direi piú libera
Atene. Ma ben so quale il coraggio,
qual’è l’indole loro. Eleggeranno
morir, piuttosto: ché l’onore ha pregio
piú della vita, presso i galantuomini.
Basti d’Atene; ché fastidio arrecano
le troppe lodi, e so ch’io stesso tedio
da un eccesso di lodi ebbi sovente.
Or voglio dire a te, poiché sovrano
di questa terra sei, ch’è per te obbligo
salvar costoro. Ebbe Pittèo la vita
da Pèlope, Etra da Pittèo, Tesèo
tuo padre, figlio fu d’Etra. Or di questi
fanciulli, a te la discendenza espongo.
Fu di Giove e d’Alcmena Ercole figlio;
e Alcmèna da una figlia era di Pèlope
nata: tuo padre e di costoro il padre
eran dunque cugini consanguinei.
E i debiti che tu, pur se trascuri
la parentela, hai verso questi pargoli,
ora ti dico: ch’io la nave ascesi
un dí, scudiere al padre lor, con Tèseo,
per la conquista del funesto cingolo3.
E poi, dai tenebrosi antri d’Averno
Ercole il padre tuo liberò: l’Ellade
tutta mallevadrice esser ne può.
Or questi il contraccambio a te ne chiedono,
che tu non li consegni, e che non debbano,