Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/258

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IFIGENIA IN TAURIDE 255


ifigenia

Il fuoco sacro, entro un roccioso baratro.

oreste

Ahimè!,
Seppellir mi potesse mia sorella!

ifigenia

Il voto che tu esprimi è vano, o misero,
qual che tu sia: ch’ella abita lontano
da questa terra barbara. Però,
poi che d’Argo tu sei, nulla di quanto
io posso dar, ti mancherà. Porrò
copia d’offerte grande a te sul tumulo,
t’aspergerò di flavo olio le membra,
e il succo della fulva ape montana
distillato dai fiori, effonderò
su la tua pira. Adesso entro, e la lettera
dal tempio della Dea prendo. Né credere
che malevola io sia. — Voi custoditelo,
senza ceppi, o ministri. Oh, le novelle
mie, non attese giungeranno in Argo,
certo, a qualcuno degli amici, a quello
ch’amo su tutti. Gli dirà la lettera
che vivi sono quei che morti reputa,
e l’empirà di sicurezza e giubilo.
Entra nel tempio.

coro

Io ti commisero, ché presto aspergere
con le sanguinee stille ti deve l’acqua lustrale.