Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/304

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coro
Strofe

O di Latona fulgida progenie,
cui generò la Delia ne le valli pomifere,
tu, Chioma d’oro, sperto
nella cetra, e tu, Dea, che godi i calami
lanciare al segno certo!
E gl’isolani vertici
la Dea lasciava, e i luoghi ove il suo celebre
figliuolo nacque, irrigui
di pingui scaturigini,
e del Parnaso ai vertici pervenne,
ov’è frastuono bacchico perenne.
Quivi, nascosto all’ombra d’un frondeggiante lauro,
il Dragone, l’orribile prodigio, di Gea figlio,
stendea sopra l’oracolo
terrestre il dorso tutto maculato e vermiglio.
E tu, Divino, ancora, ancora pargolo,
balzante in braccio alla tua madre ancora,
morte gli desti, avesti i sacri oracoli.
Or, sopra l’aureo tripode
siedi, su trono che mendacio ignora.
Dove le linfe sgorgano
della fonte Castalia,