Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/66

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GLI ERACLIDI 63


coro

Giove, terror dell’inimico, libera,
dopo tanto terror, la luce io miro.

alcmena

Tardi sui mali miei l’occhio volgesti,
o Giove, e grata pure io te ne sono.
E il figlio mio, di certo or so che vive
fra i Numi: innanzi io nol credevo. O figli,
e dagli affanni voi, dalla minaccia
d’Euristèo maledetto or siete liberi,
e rivedrete la città del padre,
sopra i suoi beni avanzerete il piede,
vittime ai patrî Numi immolerete,
lungi dai quali vivevate un’esule
misera vita. Ma che saggio avviso
Iolao celava nella mente, quando
la mano astenne, e risparmiò la vita
d’Euristèo? Dillo: ch’è fra noi stoltezza
del nemico prigion non far vendetta.

servo

Per riguardo di te, ché tu vedessi
con gli occhi tuoi, servo in tua mano, quello
ch’era padrone; e con la forza qui
l’addusse, e non di suo buon grado: ch’egli
non volea venir vivo al tuo cospetto,
a scontare la pena. E adesso, addio,
vecchia, e di me serba memoria: quando