Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/182

Da Wikisource.

ORESTE 179

O Menelao, del tuo nulla ti chiedo:
quello che avesti da mio padre rendimi:
non dico i beni: i beni miei son questi:
che mi salvi la vita, ond’io non ho
cosa piú cara. Ingiusto il mio delitto
fu; ma tu devi di tal male darmi
un ingiusto soccorso. Anche Agamènnone,
il padre mio, non giustamente l’Èllade
a raccolta chiamò, contro Ilio mosse,
ché colpa non aveva egli, e la colpa
della consorte tua mosse a punire.
Or favore a favor tu devi rendere:
ch’ei veramente la sua vita espose,
come gli amici per gli amici debbono,
sempre pugnando a te presso, perché
tu riavessi la tua sposa. Adesso,
quello che in Troia ricevesti rendimi,
presèntati a salvarmi, un giorno solo
travagliando, e non dieci anni compiuti.
La strage poi che della mia sorella
in Aulide si fe’ te la condono:
ad Ermïóne non dar morte: quando
a tal frangente io son ridotto, è giusto
che vantaggio tu abbia, e ch’io lo tolleri.
Per grazia al padre mio misero, salva
la vita mia, della sorella mia,
che nubile è da tanto: ov’io pur muoia,
del padre lascerò la casa estinta.
«Impossibil» — dirai; ma questo è il punto:
nelle sciagure devono gli amici
dar soccorso agli amici: allor che il Dèmone
largisce il bene, a che servon gli amici?
Quando aiutar ti vuole, il Nume basta.