Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) VI.djvu/152

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ELENA 149

lo sposo mio, che vede ancor la luce,
ma navigando va di qua, di là,
per mille e mille vie di mare, e quando
toccato avrà delle sue pene il termine,
tornerà, dopo avere a lungo errato.
Solo una cosa non m’ha detto: se,
giunto che sia, potrà salvarci. Ed io
dal chiaramente chiederlo m’astenni,
pel gaudio ch’ebbi di sentirlo salvo.
E disse ch’era a questa terra presso
con pochi amici ivi piombato naufrago.
Ahimè, verrai? Desiderato quanto
qui giungeresti!
Menelao esce dal luogo dove era nascosto, e si dirige rapidamente verso di lei, cercando di afferrarla.

                         Ahimè! Costui chi è?
Forse un’insidia tesa a me, dell’empio
figliuol di Pròteo pel volere è questa?
Il piede mio non lancerò, di rapida
giumenta al pari, o di Baccante invasa,
sopra il sepolcro? Di selvaggio aspetto
è ben costui, che d’afferrarmi cerca.

menelao

Tu che t’affretti del sepolcro al plinto,
con tanta furia, e alle focacce sacre,
resta: che fuggi? Oh, come in me, mostrandoti,
stupore infondi, e mutolo mi rendi!

elena

Forza, amiche, mi fan! Via dall’avello