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108 SOFOCLE

a trovarsi una figura che poteva in certo modo esserne l’equivalente sulla bilancia dell’equilibrio drammatico. In Eschilo, che, come vedemmo1, accettava docilmente i dati della tradizione mitica, questa sostituzione era un tacito anticipato omaggio alla concezione sofoclea del contrasto.

Piú numerose furono le sostituzioni di Euripide.

Egli accettò, prima di tutto, l’Ulisse di Eschilo, ma gli diede per compagno Diomede. Poi inventò un nuovo personaggio, un pastore, che durante i lunghi anni di abbandono sarebbe andato a trovare e consolare Filottete. Infine, immaginò che, secondo le profezie, dei due avversarii che contendevano in lotta mortale su la pianura di Troia, avrebbe vinto quello che fosse riuscito ad ottenere la collaborazione di Filottete. Sicché, insieme con l’ambasceria degli Achei, ne faceva arrivare a Lemno un’altra dei Troiani; e lo scaltro Ulisse doveva sventare anche questo pericolo. Infine, immaginava che Atena, per far sí che Filottete non concepisse sospetti alla vista di Ulisse, gli mutava l’aspetto.

Tutte innovazioni, come si vede, poco felici.

Il Diomede aggiunto all’Ulisse, costituiva un puro e semplice doppione: e c’è da scommettere che sarà stato poco piú d’un χωφόν πρόσωπον, un personaggio muto, simile, su per giú, al Pilade delle Coefore. Il personaggio del pastore non faceva che stemperare e svalutare il tèma profondamente poetico della solitudine di Filottete. L’ambasceria dei Troiani era un elemento esterno, che non poteva recare sostanziale arricchimento alla materia drammatica. E, infine, la metamorfosi d’Ulisse, che sarebbe stata tollerabile in un componimento epico, o, comunque narrato, introduceva in una composizione drammatica un elemento d’inverisimiglianza e di debolezza, perché alla sensibilità degli spettatori non poteva riuscire

  1. Vedi, in questa collezione, l’Eschilo, vol: I, pag. XIX.