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136 SOFOCLE 282-314

l’ebbe colpito. Col mio morbo, o figlio,
qui soletto m’esposero, e partirono,
il dí che coi navigli v’approdarono
285dalla marina Crise. Allegri, come
videro me dormir, stanco del lungo
ondeggiare dei flutti, entro uno speco,
sciolser le vele, e a me presso lasciarono,
come a un pitocco, pochi cenci, e misera
290provvigïon di cibi. Oh, possa a loro
simil sorte toccare! O figlio mio,
qual pensi tu che il mio risveglio fosse,
quando furon partiti? Le mie lagrime
quali, quali i miei gemiti d’angoscia,
295quando vidi che tutte eran partite
le navi mie, su cui salpato avevo,
e niun compagno presso a me, che aiuto
mi porgesse nel morbo, e m’assistesse,
né, per quanto guardassi, alcun conforto
300ritrovavo per me, tranne il mio cruccio?
Oh, di questo, gran copia avevo, o figlio!
E l’ore all’ore succedeano; e solo
dovevo, sotto questo picciol tetto,
provvedere a me stesso; e quel che al ventre
305era bisogno, lo fornía quest’arco,
a voi colpendo le colombe; e inoltre,
ciò che il dardo colpía, spinto dal nervo,
repevo a raccattarlo, il piede misero
strascicando; e se poi dovevo attingere
310acqua, o l’inverno, quando il gelo effondesi,
fendere legna, allor strisciavo, o misero,
e m’ingegnavo. E poi, fuoco non c’era;
ma, stropicciando silice con silice,
314a stento la scintilla ivi nascosta,