Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) I.djvu/23

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xxiv PREFAZIONE

neottolemo
                    Dove dici?
filottete
                                   Lassú!

Oppure, sarà il riso sarcastico che increspa le labbra di Antigone, nel massimo strazio del suo dialogo con la sorella:

Sebbene io di te rida, il cruccio ho in cuore.

Sarà, perfino, nei satireschi «Satiri alla caccia», 1 ariosa fantasia che dalla musica vaporino visibili fantasime:

Apre una voce canora il volo
per questi luoghi: grazie alla musica
di bei fantasmi fiorisce il suolo.

E alla stessa famiglia appartengono il mirabile spunto dell’Inno al Sonno nel «Filottete», e tutto il magico finale dell’«Edipo a Colono».

In tutti questi luoghi, una nuova e strana vibrazione pènetra fra sillaba e sillaba gli antichi versi, e dalle precise sagome della strofe sembra raggiare una strana allucinazione.

Alla nostra fantasia, brillano quasi magiche fiammelle fosforescenti, fuochi fatui che con l’incerto vagolare seducono lo spirito a vaghe fantasticherie. Per essi l’opera sofoclea, prodigiosa acropoli bianca di marmi e fulgente d’oro, di ciano, di porpora, sembra tramutare a volte in una foresta romantica, piena di magici orrori.

Fuggevoli bagliori. Ma per essi sentiamo Sofocle anche piú vicino allo spirito moderno che non sia Euripide o quale altro si voglia degli antichi poeti di Grecia.