Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) II.djvu/278

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allor che degl’implumi orbo il giaciglio
scorge nel vuoto nido. Essa del pari,
485come vide il cadavere scoperto,
ruppe in gemiti; e contro quei che l’opera
compie’, lanciava imprecazioni orrende;
e subito raccolta arida polvere,
lo coperse; e levata alta una brocca
490bella, di bronzo levigato, serto
fece di tre libagioni al morto.
Noi che vedemmo, ci scagliammo, e súbito
la fanciulla afferrammo. Ed essa, nulla
si sbigottí. Rimprovero di quanto
495fatto aveva e faceva, a lei fu vòlto:
e nulla essa negò: sí che piacere
e dolore ad un tempo a me recava:
ché ai malanni sfuggir, cosa è dolcissima;
ma condurvi gli amici, è doloroso.
500Ma per me, tutte queste belle cose
contano poco assai, quando si tratta
della mia vita: io son fatto cosí.
creonte
Ad Antigone.
Di’ tu, che il capo chini al suol: confessi
d’aver compiuta l’opera, o lo neghi?
antigone
505L’ho compiuta: confesso, e non lo nego.