Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/134

Da Wikisource.

vedere e ch’amava, nelle braccia sua se ne mori. E però il Petrarca lo ricorda quando dice:

Gianfré Rudel, ch’usò la vela e ’1 remo a cercar la sua morte.

Baffa. Oh felice morte! Ma, se si trovasse poi quella cosa tanto lodata diversa dal creder suo, come andrebbe ella? Restarebbe infiammato o no?

Raverta. Giudico che si, perché la prima impressione, che si ha, rare volte avien che si possa levare, ché per lo piú con quella si rimane; onde medesimamente si ama. Imperoché, se ben con gli occhi del corpo si vede alcuna cosa che tanto non piaccia, nondimeno non può essere che il rimanente non si stimi sempre perfetto e che non si desideri d’esser tale.

Baffa. Avendosi l’uomo da eleggere una donna, ed avendone due eh’egualmente gli piacciano, una bella e semplice, l’altra non vaga ma accorta, quale dee piu tosto pigliare? Ditemi per ragione il parer vostro.

Domenichi. Io, che non son molto vago a riguardare, sempre torrei per lo meglio la piú bella.

Baffa. Forse per stare egualmente accompagnati?

Domenichi. Anzi al contrario.

Raverta. Io vi dirò: bisogna considerare di che sorte intendiate la semplicitá dell’ima e l’accortezza dell’altra. Perché, se la semplicitá della bella sará che solamente sia vaga, essendo poi le qualitá dell’animo suo di nessun valore, potrá aguagliarsi ad una bella statua senza spirito e senza vigore, onde poco utile se ne potrá trarre; conciosiaché sarebbe come amare una imagine, la quale con bei lineamenti ed a proporzione fosse formata, ma nel resto poi ombra e fumo.

Baffa. Voglio che sia cosí, ma non però che sia impudica né macchiata d’alcuno altro simil difetto: sia pur semplice, e questa sua semplicitá contenga in sé una certa specie di goffezza, per cosí dire.

Raverta. Quasi ch’io v’intendo. Sia come si voglia, se ben fosse anco un poco meglio, poco piú la prezzarci. Ma io giudico