Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/154

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se forse non sono mirabili né ingegnose, sono elle almeno quasi uno sprone a contemplare piú adentro nei segreti d’Amore. E benché io, ragionando di lui, non abbia saputo ritrovare il vero, potranno forse degli altri piú sottili investigatori degli amorosi misteri eh’ io non sono, désti dal mio garrire, penetrare alla cognizion di lui con gli intelletti loro. Ma, quando altro non faccia in mia difesa, scusimi appo ciascuno e la poca etá mia e ’l desiderio che io ebbi sempre, il quale è venuto crescendo con gli anni, di non vivere indarno, ma di lasciare alcuna memoria, benché breve, nell’orecchie degli uomini, del mio nome. So che Vostra Signoria illustrissima lo degnerá leggere; il quale io ho per maggiore e piú onorato guiderdone che venir me ne possa. Perché, non desiando piú oltra, di quello m’appagherò ed insieme della sua grazia, e non avendo dubbio che, per esser cosa di me, suo affezzionatissimo servitore, che gli abbia a piacere. Come anco non spiacerá al molto magnifico messer Vincenzo Calbo, essendo egli, per virtú dell’amicizia che ha con Vostra Signoria illustrissima, quasi una gran parte di lei; e parimente sará carissimo al mio capitan Camillo .Caula, illustre splendor della milizia, per l’afi’ezzione che egli a quella porta, ed io a lui. E, confidandomi nel favor suo, avrò poca cura del mordere altrui. A quella bacio le mani e la prego a conservarmi nella grazia sua, raccomandandole la servitú mia.

Alti x di febraio mdxluii, di Vinegia.