Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/207

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castigo che farebbe un medico, il quale si servisse della scienza ed arte sua non a guarire gli infermi, ma ad uccidere i sani, anzi tanto maggiore quanto l’anima è piú degna del corpo.

Tullia. E’ mi pare, a dirvi il vero, che voi andiate menando il can per l’aia, come si dice, forse perché non vi rincorate di provarmi quello che è impossibile, e farmi dir quello ch’io non voglio.

Varchi. Quello che è impossibile è falso, e perciò non si può provare per vero, né io cerco di provarvelo, e molto meno di farvi dir quello che non volete, ché mi parrebbe troppo grande presonzione ed iscortesia. Mi ingegnarò bene di mostrarvi e farvi dir da voi stessa che quello che io ho detto è verissimo. Ditemi, per vostra fé, che cosa pensate voi che sia «amore»?

Tullia. Paionvi queste domande da farle cosí subito ed all’improviso ad una donna? E massimamente ad una mia pare?

Varchi. Voi mi volete far dire che molte donne sono da piú di molti uomini, ed entrare ne’ meriti vostri, la quale avete posto sempre piú studio in ornare l’animo di rarissime virtú che il corpo di vaghi o superbi ornamenti : cosa nel vero radissima in tutti i tempi e degna di grandissima lode. Poi io non vi domandai che cosa fosse «amore», ma quello che pensavate che fosse: ché bene so che le, donne ordinariamente amano poco.

Tullia. Voi lo sapete male, e giudicate forse l’amore delle donne dal vostro.

Varchi. Pensate che areste detto, se avessi aggiunto, come fui per fare, «e di rado», allegando que’ versi del Petrarca:

ond’io so ben ch’un amoroso stato in cor di donna picciol tempo dura.

Tullia. Malizioso che voi séte! credete voi che non vi abbia inteso? Ma bisognava che madonna Laura avesse avuto a scrivere ella altrettanto di lui quanto egli scrisse di lei, ed avereste veduto come fosse ita la bisogna. Ma perché non mi attenete voi la promessa?

Varchi. Resta da voi, ché non mi avete ancor risposto quello che pensate sia «amore».