Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/217

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luna nel pozzo; ché, per tornare a bomba, secondo i peripatetici non si dá infinito: e cosí resterete perdente voi.

Varchi. Questo è un giuoco dove non perde mai ninno.

Tullia. Sará adunque come la ronfa del Vaierá.

Varchi. Se mi aveste lasciato fornire, avreste veduto die è tutto il contrario; ché a quella non perdeva mai niuno, e qui vincono tutte e due sempre. Ed io, per me, vorrei prima perdere a questo giuoco che vincere agli altri. Dico adunque che la equivocazione e lo scambiare i significati de’ nomi e il non intendere i termini è cagione di molti errori, perché chi non intende le parole mai non potrá intender le cose. E perciò doverebbono i maestri avertirci molto piú che non fanno; e chi favella, sempre dichiarare innanzi che sia quello di che intendono ragionare. Sappiate che, a parlare cosí confusamente ed in generale, come avemo fatto noi, anche Dio, secondo i filosofi, è infinito.

Tullia. Io dubito che voi non cerchiate una via donde uscirvene, e darmi un canto in pagamento. To dico ciò secondo i peripatetici.

Varchi. Cosi dico anche io; e, quando dico «filosofi», intendo ordinariamente «peripatetici».

Tullia. Io dico Aristotele.

Varchi. Ed Aristotele dico io.

Tullia. Istrabilio.

Varchi. Ed io trasecolo. Chi non sa che Dio fu sempre e sará sempre?

Tullia. Oh buono! Ogniuno sa che, come Dio non ebbe mai principio, cosí non avrá anco r mai fine.

Varchi. Adunque è egli infinito: che dite voi?

Tullia. Voi mi mettete il cervello a partito. Datemi qualche essempio piú basso e piú chiaro.

Varchi. Il tempo non fu sempre, secondo Aristotele? E quel che fu sempre, secondo lui, non può aver fine. Dunque sará ancor sempre; e quel che non ebbe mai principio e mai non avrá fine non lo chiamereste voi «infinito»?

Tullia. Si, io. Parmi che da questo séguiti che anche il moto sia infinito, non essendo il tempo altro che la misura del moto.