Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/233

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mantiene in vita; cosí lode merita e non biasimo uno che generi cosa simigliarne a sé e si conservi (poiché non può nello individuo, cioè in se stesso) almeno nella specie sua. Ma come uno, il quale mangia e bee o piú del dovere o fuor di luogo e di tempo, tanto che quello che gli dovria giovare gli noccia, è degno non solo di riprensione, ma di castigo; cosí, anzi molto piú, merita gastigo e riprensione chiunque senza regola o misura alcuna si dá in preda agli appetiti carnali, sottoponendo la ragione, la quale doverebbe esser la reina, al senso e, brievemente, diventando, di uomo razionale, animai brutto. Oltra questo, non vi ricorda egli di quel santo romito di Lavinello, che diceva che troppo gran torto ci averebbe fatto la natura e ci sarebbe assai peggio stata che matrigna, se non potessimo arrischiare il capitai nostro se non in perdita sempre e non mai in guadagno? Perché, se i brutti non diventano mai piante, come noi diventiamo brutti, essi non possono ancora per mezzo niuno diventare uomini, come noi angeli, mediante l’amore. Onde, come non si può tanto biasimare, che non sia poco, chiunque dal grado dell’uomo, il quale è si perfetto, discende mediante Io amor disonesto a quello delle fere, cosí non si può lodare quanto merita chiunque da quello dell’uomo saglia, mediante l’amor divino, al grado degli dii. Ma che bisogna piú dir di questo, essendone stato trattato tanto dottamente e tanto leggiadramente da quell’uomo veramente divino? Ed io, per me, mai non leggo le parole di quel santo romito, che non mi senta tutta, non so in che modo, inalzar da terra e portare al cielo tra si dolci tuoni e canti, con tanto gaudio e stupore, che né io lo potrei ridire, né credere chi non lo ha provato.

Varchi. Signora Tullia, non vi affaticate meco in cotesto, ché altrettanto avviene a me, e forse piú.

Tullia. Credovelo quanto lo intendete piú e gustate meglio.

Varchi. Io non lo dico per cotesto.

Tullia. Io lo dico, io. Ma, venendo al secondo vostro dubbio, dico che quelli, che amano i gioveni lascivamente, non fanno ciò secondo gli ordinamenti della natura, e sono degni di quel castigo che non solo dalle leggi canoniche e divine