Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/238

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Varchi. Perché i contrari privativi non hanno alcun mezzo, ed i positivi l’hanno; ché quello che non è negro può essere azzurro o di uno altro colore e cosí quello che non è dolce può essere agro o di uno altro sapore.

Tullia. Intendo. Ma «bello e brutto» mi paiono di quelli che non hanno mezzo.

Varchi. Par bene, ma non è; perché si truovano molte cose che non sono né belle né brutte.

Tullia. Io vi troverò anche io delle cose che non sono né vive né morte, né cieche né alluminate.

Varchi. Quali?

Tullia. Che so io? Queste mura, queste ciscranne.

Varchi. Sottilmente avete detto, ma non giá veramente; ché una cosa non si può chiamar «morta» che non fu mai né può esser viva, né «cieco» quello che non è capevole della vista. E come volete privare uno e tórgli quello che non solo non ha, ma non l’ebbe mai né lo può avere? E, se bene i poeti chiamano «sordi» i fiumi, le selve e cosí fatte cose, che non sono capaci del senso dell’udito, lo fanno perché sono poeti e debbono cosí fare. Ma noi parliamo filosoficamente, e diciamo che degli uomeni, e cosí tra le donne, molti se ne ritruovano, che non sono né belli né brutti, e pur di loro natura sono subietto da ricevere l’uno e l’altro. E perciò non vale la regola mia allegata da voi ; e cosí avete inteso perché gli uomini buoni e dotti amano piú i belli che i brutti. Né crediate che io voglia negare che la bellezza, la quale è una grazia che alletta, tira e rapisce chi la conosce, non faccia anche in loro qualche cosa; anzi grandissimamente. E sappiate che quanto uno è piú perfetto, tanto conosce piú la bellezza, e quanto la conosce piú, tanto piú ardentemente la desidera; anzi in tutte le cose dell’universo, siano quali si vogliano, dove si truova piú nobiltá e piú perfezzione, quivi necessariamente vi si truova ancor piú perfetto e maggiore amore. E per questo, come Dio è somma bontá e somma sapienza, cosí è ancora medesimamente sommo amore e somma ogni cosa.

Tullia. Tutto consento e sono sodisfatta, perché ancora i platonici amano i piú belli, giudicandogli i megliori e piú ingeniosi,