Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/252

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di ciò nelle loro menti mi hanno forse dannato e riputato da meno. Perché io voglio lor dire liberamente che non pur vi amo io non meno che amata vi abbia per lo passato, ma molto piú ancora, per essere in voi cresciuta quella beltá, la quale primieramente ad amarvi mi indusse, e per non essere in me mancato il conoscimento di quella. E, se essi forse non la scorgono, è perciò che non vi mirano con quegli occhi co’ quali vi miro io; ché, se con vista simile alla mia a voi si rivolgessero, quella affisserebbeno in parte, che ed essi dell’amor di voi si accenderebbono e me loderebbono del mio. A me dello accrescimento della bellezza vostra ha fatto gran dimostrazione il dialogo da voi scritto Della infinitá d’amore : il quale, a voi scrivendo, non mi affaticherò di ornare con lode convenevoli, non mi parendo massimamente potergliene dare alcuna maggiore che averlo giudicato degno che egli non stia piú lungamente sepolto in tenebre. Voi, quale è la vostra cortesia per me, a me ne faceste parte, come di cosa che vi fosse a grado di comunicar meco e non che si avesse a publicare; ed io (quale è l’amor mio verso di voi, che mi fa studioso non meno del vostro che del mio onore) non mi sono potuto contenere che non lo abbia mandato in luce. E forse che a ciò mi ha spinto ancora un particolar disiderio dell’onor mio, ché, intendendosi di fuori che io amo beltá atta a producer cosí gloriosi parti, sono securo che nel cospetto de’ piú gentili spiriti io ne doverò andare lodato ed onorato assai. Grande è quella securtá che porge Amore a chi veramente ama. Io non solamente ho preso ardire di publicare questa opera vostra, senza vostra saputa, ma sono ancor passato piú oltre. Voi introducete un ragionamento fatto tra voi, il Varchi ed il dottor Benucci; e, percioché, in quello si dicono molte cose della virtú vostra e delle vostre lode, a voi non pareva che vi si convenisse nominarvi per lo proprio vostro nome, e per modestia vi eravate appellata «Sabina». Or, non parendo a me che bene stesse in un dialogo un nome fínto tra due veri, e giudicando che o tutti finti o tutti veri doverebbono essere, vedeva che, se, lasciando il vostro cosí mutato, avessi mutati gli altri, averei fatto ingiuria a que’ nobilissimi spiriti, a’ quali vi era piaciuto dar vita nelle vostre carte; e perciò presi per partito, quelli lasciando come si stavano, di rimetter«Tullia»in luogo di «Sabina». E ciò quando io non avessi fatto per altro, si lo averei fatto io per una tal cagione, che, essendovi piaciuto di fare che il non men dotto che eloquente Varchi di me faccia onorevole menzione,