Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/266

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Maddalena. Poco e quasi niente.

Coppina. Di che colore?

Maddalena. Appena si conosce, perché pur ora la comincia a mettere.

Coppina. Si, si, lo conosco. È una gentil creatura. È Fortunio.

Maddalena. Io non so il nome; ma, s’io ho adamare niuno, io voglio amare costui.

Coppina. Buona elezzione facesti. Certo egli è degno, per quanto io n’odo, da cui ogni gran gentildonna debba aver caro di essere amata; e tanto è piú a tuo proposito quanto egli è medesimamente tuo pari in robba. La quale, benché non vi s’abbia ad aver gran considerazione in uno amante, come in un marito si richiederebbe, non è però di poca importanza, potendo l’uomo con lo spendere nei bisogni aiutarsi, trarre avisi, coprire scandali e provedere a’pericoli: cosa che uno che robba non abbia, non può cosí ben fare. E, si come vedi, non si mormora cosí d’un ricco, come d’un povero si fa, avendo meglio un ricco il modo di farsi benevole le genti e di vendicarsi delle ingiurie, che non fa un povero.

Maddalena. Da un ricco similmente si hanno doni, che da un povero non si possono avere.

Coppina. Non uccellar a doni, figlia, ché questo è mestiero di femina da partito o di qualche poveraccia e non da gentildonna tua pari; e poni da canto questa cupidiggia feminile, la quale, s’io ti volessi dire di quanti mali e di quante vergogne sia stata piú volte cagione, io ti farei maravigliare. Però lasciala in ogni modo; tanto piú che la prima virtú, onde voglia essere ornato uno innamorato, è la liberalitá.

Maddalena. Cosi farò. Ora, avendo trovata la persona, seguite la maniera ch’io ho da tenere.

Coppina. La prima volta che piú lo vedi passare, farai ogni cosa, o con lo sputare, o trar sassolini dalla fenestra, perché egli ti guardi.

Maddalena. Non bisognano tante cose. Egli mai non passa, che non mi guardi e non mi faccia onore: che volete per ciò ch’io faccia?