Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/310

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II

Alla virtuosa giovane la signora Candida.

Da poi che Amore, nei vostri folgoranti lumi l’ale dibattendo, nell’esca del mio cuore quel grave incendio accese, il quale né corso d’umore, che il tormento dagli occhi stilla inessicabilmente, né forza di vento, che il cordoglio dal petto eternamente muove, non hanno giamai potuto far minore, non ha la mente mia imaginato, partorito l’ingegno né la mano oprato cosa, che alla gloria del vostro nome non abbiano a viva forza consacrato. Cosi ora tutti e tre, col consenso dell’anima che vi adora, il presente discorso, da due feminelle domesticamente fatto, divotamente vi porgono. Prendalo l’animo vostro con quella umanitá che vi fa servo il mondo, e, se voto vi offeriscono che alla onestá vostra mal sia conforme, iscusili appo la bontá sua il non esser questo colpa loro, ma voler del destino, che, da indi, a dicárvi ogni lor fattura indifferentemente li sforza, e difetto del giudicio, il quale, dalle miserie amorose oppresso,perfezzione alle sue opere non può dare. E cosí sará, finché dalla cortesia vostra in me non fiano intiepidite le fiamme ed acquetati i sospiri.