Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/342

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Dio, detto ci avete anco e dichiarato come il sommo Fattore ci ha dato il conoscimento del bene e del male, mostrato il beneficio dell’utile e del danno, e fatto aveduti della perdita e del guadagno. Onde, parendomi che fin qui benissimo ci abbiate guidati, desiderarci, se fin qui io non ho errato, che voi ci mostraste quali siano le vie per le quali possiamo pervenire a tanta eccellenzia. Percioché, fino a questo termine, veggio tutte queste cose esser quasi sopracelesti.

Leonora. Di ciò io mi serbava a l’ultima parlarne. Ma, poiché il desiderio vostro è tale, non vi ha ad essere nascosto che questa vera bellezza si consegue col mezo in gran parte delle virtú morali e teologiche; di ciascuna delle quali s’io volessi ragionare, piú lungo termine ci bisognerebbe. Né senza parte delle arti liberali possiamo giungere a questo colmo. Percioché per la virtú di queste ci riduciamo a scoprire mille belli segreti della natura e di Dio.

Lambertini. Dunque da noi acquistar possiamo parte di questo dono?

Leonora. Anzi il tutto. Perché Iddio ha riposto in noi questa facultá. E per meglio ciò mostrarvi: con l’occhio, con l’udito e con la mente noi ci facciamo conoscitori ed apprensori di quella, essendo la bellezza virtú incorporea e grazia incorporea, la quale diletta l’animo col conoscimento di quella. Con l’occhio, veggendo una bella immagine che ci rende forma ed essempio di Dio; e questo s’appartiene in quanto alla bellezza corporale ed alla virtú visiva. Con l’udito, sentendo il suono delle parole, la forza de’ concetti e la dolce armonia della concordanza o del suono o del canto, trovato da’ primi padri nostri per magnificar Dio e render a lui grazie immortali. Con la mente poi, considerando la natura delle cose inferiori a noi, ammirando le superiori e desiderando di divenir tali, quali ci pare convenire a chi ci ha creati e dato spirito divino ed indegno da essere lasciato perdere in questo mare di miserie. E, di cinque sensi esteriori che abbiamo, due solamente possono partecipare della cognizione della vera bellezza, quali sono l’udire e ’l vedere, perché, né per lo tatto, né per lo