Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/113

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angoscia 107


di drappo, ed a chi spoglia persino alla camisa. — Né di ciò vi maravegliate, perché, avendo il cuor vostro in preda, facil cosa è che di tutte le vostre spoglie se nutrisca, e ciascun di voi rimanga ignudo e mesto. E di ciò vi accerta Ercole, dominatore giá di tanti monstri, il quale, con tutto che sapeva quel che conveniva a l’uomo, se pose l’abito feminile, di sorte che ’l si sforzava di trasformare in donna, tanto era preso ed incatenato di pazzia feminile. E ciò usava per poter stare piú liberamente in cose lascive con la regina Lidia, per comandamento di quale filava e pettenava la lana con quelle mani che erano usate di vincere monstri infiniti, ferocissimi animali. Dunque le spoglie di Ercole nutrivano la regina Onfale. Di Clistene altro non dico, perché, essendo preda d’una donna, se vestiva di abito donnesco, spogliato delli sua panni, per farli cosa grata, sí come volesse trasformarsi in donna. Ed il fatto di Publio Claudio son certo che vi è noto. Imperò colui è misero e vile, chi se dá preda di qualsivoglia donna: ancora ch’el spira col fiato vivendo, dico egli è morto. Perché, essendo spogliato di suoi commodi, per dar nutrimento a quella donna, che gode di sua ruina, vi è numerato fra morti. Ma, accioché non vi ammorba la copia di essempi antichi, da voi stessi raccogliete quelli che sono accaduti a’ tempi nostri: perché cosí trovarete quanti amanti disamorati vanno nudi e scalzi, quanti ammorbati, quanti stroppiati si vedeno discorrere passo a passo; di sorte che farete la gran colta delle ruine di vostri parenti e di vicini, che vi seranno un specchio ed uno essempio. Il che facendo, portarete la palma al vostro albergo, doppo longo contrasto; e cosí non solo a voi satisfarete, ma ancora a Dio.