Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/159

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doglia 153


per liberare tutte le donne della sua infidelitá, come lui liberava dal morbo gli animi umani col suo sonare. E, se ciò ancora non bastasse, me sforzarebbe di farme tanto grato ad elle, quanto era caro Aristoceno tarentino al suo prencipe, overo Ermogene, suave sonatore, grato a Cesare; di sorte che m’ingegnarla di fare le mura della fede di pili duro marmo che non fece Anfione le mura di Tebe, essendo seguitato da li monti e scogli sassosi, come si favoleggia. E, se ciò ancora non bastasse, pure che io credesse di rimovere la donna dalla inimicizia della fede, la faria scolpire ne l’argento, piú perfettamente che non scolpiva Mentore Giove capitolino overo Diana efesia. E questo ancora essendo poco, la faria fabricare di massa d’oro, piú perfettamente che non fece Fidia scultore la statua di Minerva, che fu d’oro. Ma, se voi, donne, perseverate nella detta inimicizia, dirò che non amate Dio, perché non vencete il vostro errore, ed il vencere di errore serebbe essere amica alla fede. Il che parendo cosa dura a Socrate, disse la donna inimica di fede, perché la sua donna Santippe era tanto fastidiosa e piena di ogni vizio, che piú facilmente tolerava la fama e sete che la sua donna; anzi piú volentieri caminava sopra il giaccio e neve con piedi nudi di mezzo il verno, che stava un sol momento di udire la sua donna risosa, la quale, se pure gli prometteva taciturnitá e pace, mai la osservava. Perciò disse che la donna è inimica di fede, perciò io ancora la dimando «invida»; non altrimente che fu invido Aiace ad Ulisse, vedendo l’arme di Achille essergli donate; pertanto, converso nel furore, amazò se medesimo. E piú dirò che avete la natura di Zoilo, il quale ingiuriava Omero, principe di poeti. Benché non solo avete invidia a l’uomo, ma ancora fra voi altre sète di natura di Senofonte e di Platone, fra i quali vi fu non picciol livore, anzi grande invidia. Pertanto giusta cosa è che da l’uomo debbiate essere odiate.

«Suave fuoco», anzi in suave ardore; perché quella cosa che ha natura di sapor dolce, altrimente suave, non consuma alcuno ardendo, anzi il conserva senza fuoco e senza fiamma. Imperò il savio vecchio, volendo dare a intendere al mio maestro che