Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/47

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de la bella creanza de le donne 41

alcuna, nè favorir in qualsivoglia cosa giamai. Ma io non voglio, per questo, che ella gli usi scortesia, non perchè non la meritasse, ma per rispetto di lei stessa, sí per esser bruttissima macchia in una donna gentile l’usare scortesia, sí ancora acciochè egli, per esser malissima lingua, non trovasse qualche cantafavola e qualche storia maligna, in terza persona, che le nuocesse; benchè in vero a costui, che tu dici, non sarebbe uomo che li credesse il paternostro. Ma, per star piú sul sicuro, è da lassarlo andare, senza inostrarsegli mai benigna nè scortese, e non ne far conto in nissun modo.

Margarita. Oh, quanto l’ho a noia! se voi il sapessi!

Raffaella. Basta. Tienlo cuoperto ne l’animo, e di fuor mostra non farne conto nè in bene nè in male, per rispetto di te, e non di lui. Voglio ancora che questa giovine, che io ti dico, se per sorte si trovará aver mostrato benignitá e cortesia ad alcuno, pensandosi esser tale che lo meritasse, e dipoi conoscerá esser il contrario (perochè gli uomini non si conoscono cosí il primo dí), voglio, dico, ch’a questo non manchi cosí subito de la sua umanitá; ma a poco a poco, senza che se n’accorga, venga spegnendola ogni di piú, acciochè, essendo egli avezzo ne la cortesia, non si sdegni di quella mutazione, e per questo cerchi di vendicarsene. Per la qual cosa, o non si ha da mostrar atto benigno a uno, o, avendo cominciato, bisogna seguire, overo molto destramente tornarsene indietro: essendo che chi è avezzo nel bene si sdegna di perderlo; dove che, se non avesse provato il buono, non arrebbe cagion alcuna di sdegnarsi di quel che non si potrebbe chiamar «perdita». E però ha da aver lei l’avertenzia che io dico, se giá ella non avesse ricevuta tale ingiuria da alcun di questi, che gli fosse forza mostrarsene scopertamente scrucciata e sdegnosa. Ma, inanzi che ’l creda tale ingiuria, vegga molto ben prima di sapere la veritá; perochè oggi il mondo è tanto pieno di perfide lingue, che truovan e cantano spesse volte cose che paian verissime piú che ’l Vangelo, e dipoi si conoscano vane e di nissun momento. E questo procede da la invidia grande e poche faccende, che son nei gioveni del nostro tempo, chè l’ozio gli costrigne andar cercando