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338 Arte romana.


Ma l’Hülsen, il Milani, il Ceci, il Gamurrini, il Mariani, il De Cara, il De Sanctis e altri ancòra1 non cessarono di aggiungere ciascuno osservazioni proprie alla critica altrui, e da tutta questa congerie di opinioni e di lavori ne venne la conclusione, fino a nuovi risultati esaurienti, che l’epigrafe della stele ha carattere sacro, e si riferisce al luogo ove sorge, e che l’area dove sorge era sacra a Marte, e quindi anche a Romolo, non escludendo che in tempo tardo abbiano voluto, con quei residui di stipe votiva e col selciato nero sovrapposto, meglio consacrare alla venerazione dei posteri un luogo consacrato già dalla tradizione patria. Per me l’iscrizione non è tanto antica, nè tanto recente quanto alcuni vorrebbero, ma è piuttosto del principio della Repubblica che non della Monarchia, o del tempo dell’incendio gallico, e contiene senza dubbio prescrizioni e divieti di carattere sacro, del genere così chiaramente esposto dal senatore Comparetti„ (ved. tav. 91)2.

Fra le varie e talora opposte opinioni che furono esposte in proposito un’altra merita di essere ricordata non solo per la sua originalità, ma anche per l’intima relazione che ha con tutto il complesso della religione, del diritto sacro e della storia prisca di Roma, l’opinione del ch. prof. Milani, direttore del R. Museo archeologico di Firenze e degli scavi di Etruria3.

La scoperta quasi contemporanea di un simile locus sacer a Fiesole, della quale diede conto all’Accademia dei Lincei, rende la sua interpretazione evidente. Secondo un’ipotesi già emessa, il cosidetto sepolcro di Romolo sarebbe originariamente il mundus, o centro augurale della città, costituito etrusco ritu, di cui parla Dionigi d’Alicarnasso.

In Roma vi erano due mundi antichissimi, uno sul Palatino e l’altro nel Foro; quest’ultimo era stato coperto da un’ara, che il Milani riconosce nel postamento di tufo dietro le note basi

    l’articolo: Le scoperte archeologiche e la buona fede scientifica inserito nella Rivista di storia antica e scienze affini di Messina; il Comparetti invece pubblica un lavoro a sè, intitolato: Iscrizione arcaica del Foro Romano. Firenze-Roma, Bencini. 1900.

  1. A scanso di dimenticanze, ved. la cronaca citata dal prof. Tropea in op. e luogo citati.
  2. Queste opinioni espressi già a suo tempo, nell’articolo di divulgazione dell’Almanacco italiano pel 1901, trattando delle Recenti scoperte archeologiche di Roma negli scavi del Foro Romano (ved. pag. 372 e segg.).
  3. Da un articolo sul Popolo Romano del 23 maggio scorso il prof. Tropea trae un riassunto dei capisaldi dell’opinione del Milani, mentre si attende la sua pubblicazione nei Rendiconti della R. Accademia dei Lincei e nella seconda puntata dei suoi Studî e materiali di Archeologia e Numismatica.