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SUL TE TO DEL POEMA. DI DANTE. 186

Primus ego in patriam mecum., modo vita tiipersitt Aonio rediens deducam vertice Musas — Et viridi in campo templun de marmore ponam — Jpse caput lonsae foUii ornatus olivae ’.

Qui certat in agone non coronahitur, nisi legitime certaverit -. Parmi dunque manifesto che Dante s’aggiudicò la corona, aspet- tandola non dall’applauso, né dal perdono de’ Fiorentini, né dal giudizio d’uomo veruno, bensì dal decreto divino per la legit- tima autorità della sua missione, e il merito d’ avere militato contro la Chiesa putianeggiante *. La denunziò settanta e più canti addietro, in nome d’ uno de’ tre Apostoli che lo anima- rono ad affrontarla ; ed erano stati per 1’ appunto que’ tre che avevano assentito l’Apostolato a san Paolo: Jacohus, et Cephas, et Joannes, qui videhantur columnae esse, dextras dederunt milii \ - Tutto questo per ora si starà qui in via d’ ipotesi. Che se procedendo ad appurare i fatti che guidano alla emendazione critica e all’illustrazione storica della Commedia, usciranno si- gnificazioni vere da’ luoghi frantesi, enigmatici, e combattuti: se sarà interpretato il silenzio de’ figliuoli dell’Autore intorno a cose che pur dovevano sapere; se le interpretazioni s’accor- deranno alla storia, e fra loro, e al Poema; e se l’ipotesi darà lume e ordine al tutto, forse che allora s’acquisterà nome di verità. XLIX. Pochissime parole della dedicatoria del Paradiso - e alle quali forse il Lombardi voleva alludere ** - palesano il Poeta lottante contro le disavventure a provvedere con opere d’ ingegno alla pubblica utilità , e Cane della Scala già vitto- rioso ^, e prossimo a verificare i presagi: -

Per lui fla trasmutata molla gente. Cambiando condizion ricchi e mondici.

Parecchi altri simili vaticinj furono scritti da Dante; ’ parte per la troppa fiducia di mutazioni imminenti, che inganna più gli esuli che gli altri uomini; e parte per la speranza, comune anche a’ savj , di lunga vita ; e più cara a chiunque essendo capace di lunga ira, ma non sino al grado profondissimo del disprezzo, si lusinga di sopravvivere alla punizione di chi l’of- fese. Questa voluttà degli Dei è promessa al Poeta da’ Santi; •


1 Georgiche, III, 10, 11, *3, 21.

2 Timoth., Secundii, II. 5.

3 Inferno. XIX, 106-108-

4 Galat., II, 9.

5 Vedi dietro, sez. XXXIV.

6 Sul principio, pag. 4ti9 ; e verso la fine, pag. 479, edizione Zatta.

7 Purgatorio, XXIII, 104-110; ioi, XXXIII, 40-51; Paradiso, IX, 4-6, 140-14^ ivi, XVII, 97-98; ivi XXVII, 142-145.

8 Non vo’ però che a* tuoi vicini invidie,

Poscia che s’ infutura la tua vita Via più là che il punir di ior perfidie.

Paradiso, XVII.


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