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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

di tant’ uomo non persistessero tuttavia nell’errore’. Bensì il Dionisi , per mille ragioni evidenti eh’ altri mai gli opponesse, non si rimase dal rimutare in - Colui vedrai , Colui - la le- zione universale e perpetua di - Con lui vedrai colui; - e quindi acconciando la cronologia alla sua congettura , mano- mette la poesia, la storia e la logica di quel passo *. Frattanto due Fiorentini propagando due nuove opinioni s’ingannavano similmente , e pur vanno ingannando i loro compilatori, tanto pili quanto hanno dissotterrato parecchi stromenti notarili uti- lissimi a tracciare alcuni anni della vita di Dante ; e ninno può farsi a credere ch’essi, avendo trovato in que’ documenti le guide del vero , siano arrivati a falsissime conclusioni. L’ un d’ essi è il Pelli - n’ ho fatto parola ad altra occasione : - ei presume che Dante non andasse in Verona innanzi l’anno 1308. L’altro è il Manni, laboriosissimo, semplicissimo fi a’ professori di erudizione. Essendosi avveduto , « con ammirazione non meno che con isdegno, che la maggior parte à.Q\\Q Novelle An- » fiche, che da molti si credono finzioni romanzesche, e chia- » mate favole , non sono che puri fatti storici *, » - compilò volumi a insegnarci assai cose nuovissime, e questa per mille: - « che Socrate filosofo era senatore di Roma; abitava distante » della città, e fu deputato a rispondere agli ambasciadori in- » viati dal Soldano de’ Greci"*. » - Però l’affermare ch’ei fa, che il Poeta scriveva la Commedia nell’anno 1200, e che allora Cane della Scala era nato già da vent’anni**, sono anacronismi veniali. Derivano tutti dalla semplicità degli eruditi di leg- gere e credere e scrivere troppo :

Non ha Firenze tanti Lapi e Dindi, Quante sì fatte favole per anno, In cattedra, si gridan quinci e quindi:

Sì clie le pecorelle, che non sanno, Tornan dal pasco pasciute di vento «.

Onde uno di que’ valentuomini di Milano , editori della con- gerie delle Opere chiamate classiche italiane , illustrando le Novelle antiche, ricopia puntualmente gli errori del Manni , ed esorta noi tutti - « di guardarci dal credere d’avere fra le » mani un libro di ninna importanza, o d’essere condannati » per qualche vezzo di lingua, a legger de’ racconti fanciul- » feschi ed insulsi ; mentre all’ opposto in quella opera vera- » mente originale possiamo rintracciare alcuni avvenimenti di


1 Vedi la citazione, soz. XIX, di questo Discorso.

2 Aneddoti, num. II, e il Lomb irdi, Paradiso, XVII, 70-76.

3 Proemio al Libro del bel parlare gentile, presso il Dr. Giulio Ferrarlo, edi- zione de’ Classici. Milano, 1804, pag. xi.

4 Note alla novella LXX.

5 Illustrazioni al Decamerone, pag. 174, ediz. Fiorentina, 1742.

6 Paradiso, XXIX, 103 segg.


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