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SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 217

apocrifa, o non rispondere all’epistola del Boccaccio, o riferirsi ad altri che a Dante; • - che il silenzio del nome s’ accorda al tenore di tutta la lettera, dalla quale, fa gli elogi ed i di- sprezzi egualmente afiettati, traspira un involontario terrore a quel nome.

LXXV. Kon però può inferirsi che il fatto fondamentale della discordia fra Dante e Cane della Scala sia stato, o inventato di pianta dal Petrarca ; o ch’ei giudicandolo falso, lo ridicesse ; o, giudicandolo vero, lo esagerasse con intenzione deliberata. Molti de’ Veronesi che avevano conosciuto e Dante e Cane della Scala, non fosse altro di volto, vivevano; e non è cosa probabile, per non dire impossibile, che i narratori mentissero sfacciatamente al Petrarca, o il Petrarca ad ogni uomo. Ma né Cane della Scala, né Dante viveva; e la curiosità, la credulità, la mali- gnità, malattie popolari ed eterne del genere umano, inquie- tissime a pervertire (Qualunque parola d’ogni uomo celebre, avevano congiurato già da molti anni con la tradizione ad al- terare in più modi, e ripetere per verissimo quel duello di mx)tti e risposte fra il mecenate e il Poeta. E che il dialogo tutto in- tero passasse di bocca in bocca per più di trent’ anni, e arri- vasse schiettissimo di finzioni sino al Petrarca, chi m’assicura? e ch’ei l’udisse ripetere per l’appunto com’ei lo riporta? e che per accomodarlo al suo libro de’ fatti e detti memorabili ove noi lo leggiamo, ei non l’abbia adornato di fantasia? Gli autori di si fatti libri si studiano d’ illustrare i precetti alla vita per via d’ esempi che tengano 1’ animo del lettore ; onde gli eventi meno ordinarj e meglio abbelliti, riescono utili più de’ veri. Seneci, e Plutarco, e Montaigne, non giovandosi delle storie che per ajuto alle sentenze della loro tilosotìa, sono maestri eloquenti dove ragionano, e guide incerte ove narrano. Non pure il Petrarca, ma né Tacito né Tucidide meriterebbero fede, ove le loro narrazioni fossero non dettate ed ingiunte im- periosamente dalle serie de’ tempi e dal corso non interrotto delle umane vicende, bensì spigolate qua e là secondo che più si mostrano convenienti alle idee filosofiche dello scrittore. Sa- rebbe iniquo il rimprovero d’inesattezza ne’ fatti agli autori che li ricordano da moralisti più che da storici ; ma la cre- denza assoluta a’ loro aneddoti è puerile. E chiunque da quegli aneddoti non si contenta di osservazioni generali e di mas- sime, ma ne desume altri fatti, non può giustificarsi se non esclamando candidamente col Tiraboschi : - « Il Petrarca è è il mio Eroe, e direi quasi, il mio Idolo *. » - E tu diresti che tanto amore al Petrarca corroborasse nell’anima dello sto- rico l’avversione gesuitica alla fama di Dante : e le passioni


1 Tiraboschi, Storia Letteraria, voi. V, pag. 493, nota (*•). — De Romanis, Annotazione (va), a quel luogo nell’appendice all’ediz. romana della Gomme’ (Uà: — e qui dit^tro, sez. XXXIII.

2 Appendice alla Storia della Italiana letteratura ^ voi. Vili, pag. 649.


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