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SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 343

le carte dov’è ricordato, non sono da riscontrarsi documentate fuorché da notari in Firenze ? Bensì credo ch’ei non vi mo- risse ; e da che il notaro tralasciò la formola del nome della madre «iella figliuola, non pare che fosse nata di nozze legit- tima. Ma il vero di questo fa poco al proposito.

CLXXTX. E parmi evidente oggimai che a’ figli di Dante non sarebbe stato mai conceduto di raccogliere in Firenze al- cune reliquie d’eredità, se avessero divolgato il Poema a viso aperto, e si fossero costituiti complici delle vendette paterne su la Repubblica. Che abbiano alterato parole nel testo, non credo, né trovo indizio veruno; né pochi, se pur ne apparissero, ba- sterebbero a dar fondamento all’accusa. Ma come dar conto delle Dedicatorie che mancano, e delle parole Florentinusnatione,’ non moribiis, scemate al nome dell’Aiitore? E da che l’auto- grafo rimase in cura a’ suoi figli, e le prime copie furono fatte fuor di Toscana, chi, se non essi, o poteva, o si sarebbe pigliata mai la fatica di sopprimere ognicosa, che tolta non danneggiava l’integrità del Pcema; ma lasciatavi, esacerbava le invettivti aspre per sé, e ritorceva sovra de’ figliuoli i sospetti e le ani- mosità tuttavia fresche de’ Guelfi? Indi la perplesoità e il lungo indugio a dar fuori il testo; indi l’aneddoto de’ tredici canti smarriti, e della notturna rivelazione dall’alto, che ricongiun- seli agli altri già stati mandati tutti al principe Ghibellino in Verona, e diffusi in più copie assai prima che l’Autore morisse: racconti che per avventura trovavano uomini anzi conniventi che creduli ; ma che, non lasciandosi facilmente smentire, svia- vano dagli eredi dell’esule le inquisizioni della fazione predo- minante in Toscana e in Romagna, e l’odio di tanti individui potenti, e famiglie, e congregazioni, e città diffamate nella Commedia. Il nome di Cane imponeva ammirazione e terrore, tanto più quanto la realtà de’ fatti agitava l’immaginazione a que’ tempi più che non farebbe oggi la poesia. E n’è prova Giovanni Villani, nato forse vent’anni innanzi Cane , e morto vent’anni dopo, e osservatore attentissimo a registrare quasi ora per ora gli eventi : e non sapeva determinare quanta fosse la potenza dello Scaligero, e si riporta alla fama ’. Ma né il Villani, non che i figliuoli dell’Autore, avrebbe potuto non av- vedersi chi fosse il Veltro inseguitore mortale della Lupa a cac- ciarla d’Italia. Ne tacquero anche da poi che fu morto, perchè Ma- stino della Scala ereditò gli Stati, la ferocia ghibellina, e l’a- natema; e lo meritò peggiormente. Sconfisse i crociati Guelfi* assalì nemici ed amici in tutta l’Italia ^, trucidò di sua mano il Vescovo di Verona che gli era congiunto di sangue; * e fece lega d’armi e di parentado con l’Arcivescovo di Milano , Car-


1 Croniche, lìb. X, 139

2 Annali d’Italia, ; n. 1533.

3 Ivi, an. 1334, soj?.

4 Ivii ann. 1337-1339.


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