Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/353

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discorso sul testo del poema di dante. 351

per simultaneo vigore di raziocinio e di fantasia e di dottrina, e con arte che alle volte non pare d’uomo, fa che tutte cospi- rino a un modo, ad un tempo , a uno scopo ’. Ben ei sbaglia


l Se Dante concedesse Io spirito di profezia ad altri ohe ai nominati ne’ libri sacri , non saprei né affermarlo né contraddirlo. Colloca fra’ beati il fa- moso abate Giovaccliino, e lo chiama

— Di spirito profetico dotato.— {Farad., XII, 141.)

Corre tuttavia certo suo libercolo ch’io vidi da giovinetto in Venezia, illu- strato d’intagli in legno dove sono predetti por via d’antonomasie e di sim- boli i Papi futuri; e perchè nel libro il Papa d’allora era nominato Pellegrinus Apostolicus , il profeta ebbe lode di veritiero. Infatti Pio VI, sperandosi d’in- durre Giuseppe li a ristarsi dalle rilorme ecclesiastiche che impoverivano la curia pontihcia, viaggiò sino a Vienna con modestissima comitiva, e si ritornò a mani vuote; onde forse per consolarlo Vincenzo Monti, segretario del suo nipote, compose il Poemetto col titolo — Il Pellegrino Apostolico. — Che la profezia di Giovacchino non abbia dato impulso e buone speranze a Papa «raschi di pellegrinare da Apostolo, non m’assumerei di giurarlo. Certo è che la fama di quel libricciuolo era santissima da più tempo sin dalla fine del se- colo XVI, onde Montaigne, che pur non era de creduli, aveva curiosità di ve- derlo. « Je voudrais bicn uvoir reconnu de mes yeux ces deux merveilles: le livre de Joachim Abbé Galabrois, qui prédisait tous l s papes fulurs, leurs noms et formes; et celui de Leon, l’Empereur, qui prédisait les empereurs et p:itriarches de Grece.» (Lib. I, e. XI.) Pur non diresti che Dante alludesse a quelle prò fez e, da che l’antichissimo fra’ chiosatori e suo contemporaneo nota sotto a quei verso: < E perchè disse in quelli trattati e scritti, che furo ac » Gettati per la Chiesa, tanto perfettaiiienle , che puote esser chiamato il suo » spirito quasi dotato di grazia di profezia; ovvero fierchè spuose il Daniello V e li altri libri de’ Profeti, dice: Di spirilo profetico dotato. » Men antico forse di più che cent’anni, ma pur silenzioso anch’ egli intorno al libro de’ papi, è il posiillatore del Cod. Glenbervie, che giuslitica in questo luogo Dante di aver collocato l’Abate Giovacchino fra’ Teologi distinti e salvi in paradiso; seb- bene la di lui Opera in confutazione dell’ opinione di Pietro Lombardo sia stata conilaniiata dalla Chiesa nel concilio Lateranense IV sotto F’apa Inno- cenzo III; e nota opportunamente che hic, quia ponit in divinitate non solum trinitatem , sed quaternilalem, est ab Ecclesia damnatus , ut in primo Decreta- lium; sed quia scripsit Sedi Apostolicae , petens corrigenda esse quae tractasset, et quod circa articulos Fidei ipse tenebat quod Ecclesia catholica, solus tractatus est damnatus, ipse vero calholtcus habitus (Kdit. rom. al canto Xli, Farad.). Se non che forse il libro delle predizioni de’ papi futuri non era ancora uscito, (juand’oggi parecchi l’accertano per fattura d’impostore più tardo d’assai di G ovacchino, morto poco dopo il pr.ncipio del sec. xiu, e fors’era ignota anche a’ giorni di Dante. Fama di profeta a ogni modo ei l’aveva anche dagli uomir>i che vissero a’ tempi suoi. Sicardo, vescovo di Cremona, che viveva al tempo medesimo di Giovacchino, afferma (in Chron. ad ann. 1194, Script. Rer. Hai., vul. VII, p, 617) ch’egli ebbe veracemente spirito di profezia: « lìis temporibus quidam extitit Joachim Apulus Abbas, qui spirilum habuit prophetandi, et prò- phelavit de morte Imperatoris Henrici et futura desolatione Siculi Regni et de- fectu Romani Impera, quod manifestissime declaratum est.» Al contrario, Rug- giero HoW’Ien, che pur viveva al medesimo tempo, ne parla come d’un falso profeta, o venditor di menzogne ; e ne reca in prova la predizione ch’ei narra fatta da lui in Sicilia, l’anno 1190, a Riccardo re d’Inghilterra e a Filippo re di Francia sul felice esito della guerra sacra per cui essi movevano {Ann. An- glie, ad an. 11911). San Tomaso d’Aquino non ne giudicò troppo favorevol- mente, dicendo un IV Sent., Disi. 43, q. I, art. 3) che « Giovacchino aveva in » alcune cose predotto il vero per sola forza di naturale intendimento, e che » in aire crasi ingannato. » Tiraboschi , voi. IV, pag. 118. — Molte sue pro- fezie scritte a ehiare parole e avveratesi per l’appunto dopo ch’egli mori, sono recitate dalle Opere di Giovacchino dai gravi scrittori Bollandisli (Ada Sanclorum. Mail, lom. VI, ad diem 29) , dove il biografo di Giovacchino è un Gesuita; però que’ paSsi non sono da tenersi per genuini se non da chi potrà


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