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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

rotte da chi gli opponeva in tutti i testi, e l’Aldino, — Toglieva gli animai; — e ne’ migliori, e l’Aldino, — p/k non V è uopo aprirmi, — « guastandosi fieramente il sentimento se ritegniamo altra scrittura *. » Perchè l’Aldo non decretava il testo’’ da sé senza i consigli del Bembo; ma non segui vali, e stava al più de’ pareri dell’Accademia ch’essi avevano fondata allora a pro- movere la emendazione de’ codici nelle stampe. L’autorità del Bembo ancor giovane, quarantacinque anni innanzi ch’ei fosse Cardinale, non era da tanto che contrappcsasse il giudizio di molti.

CCV. Per gli Accademici Fiorentini la Aldina fu pianta della loro Volgata; ma s’indugiarono: e il corso d’altri cento anni addensò oscurità su la storia dell’autografo. Approssimavasi il secolo XVII, quando fra il compilare del Vocabolario s’accor- sero che il Poema di Dante era la parte migliore della lingua; non però s’attentavano di citarlo; — « conciossiacosaché e’ da’ » copiatori, e dalle stampe, ed eziandio da’ commentatori, così » lacero lo conoscessero, e mal governo, che poco se ne pote- » vano in essa opera acconciamente servire, se prima non cer- » cavano di sanarlo dalle sue piaghe ^. » Lo stampatore a oo^ni modo che lavorava sotto a’ lor occhi contaminò la loro lezione di due centinaia d’errori poscia notati; oltre a molti in- visibili, e certi curiosiasimi equivoci in grazia di logori tipi; e che furono traveduti per poesia sincera. Né forse sarebbero stati mai diradati, se il Volpi, leggendo filosofia nell’Univer- sità di Padova, non avesse atteso più di proposito ad illustrare Poeti; e conduceva sotto il nome di Giuseppe Comino la stam- peria forse benemerita per l’edizioni più emendate in Italia. Ma benché avesse gli occhi csercitatissimi a scorgere gli errori ne’ torchj, e le dubbie lezioni ne’ testi; ed applicasse inesorabil- mente il ferro e il fuoco della chirurgia filologica agli scrittori latini; pur nondimeno non s’attentò di liberare la Divizia Com- media d’un unico sbaglio che non fosse di stampatore; - « acque- » tandosi volentieri al purgatissimo giudizio dell’Accademia » della Crusca, la quale nel fatto della Toscana favella come » signora e maestra dee venerarsi *. » — Tanto erano domati a ogni genere di servitù. Oggi le accuse sanno, parmi, di ser- vitù che si vendica di tiranni scaduti, — « e che erano inerti ed inetti; » e « che l’esemplare solamente dell’Aldo in buona » coscienza seguirono con tutta pace, né si curarono di scritti » di stampe, se non in que’ pochi luoghi che furono da lor » postillati*. » Senz’altro, questa è calunnia, o l’Accademia tutta intera lavorò un’impostura. Non fu sì devota all’Aldo che


1 Castelvolro, Giunte al Bembo, ediz. citata, voi. X, pag. 138; XI, pag. 161.

2 Prefazione dello ’Nferrigno, ediz. 1595.

3 Pref.izione alla Cominiana, 1727.

4 Parenti, e si richiama al Dionisi in una nota, se pur non è giunta dogli- Editori Padovani al luogo citato dianzi, pag. 464.


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