Pagina:Un giovinetto di Canzano.djvu/20

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Vuol la terra sul capo a’ cari estinti,
E prega lor mollissimi riposi;
Ma questa è dolce illusïon che tanto
Giova ne’ giorni del dolor! Non svegli
45L’amico mio, che dorme, il gemer lungo
De l’úpupa funesta, e nè men s’osi
A svolazzar su la sua fossa: invece
L’allodoletta vi sospenda a giorni
Del primo Autunno tremolando il volo;
50O pur ne l’ora sua, chiuso entro un salce,
Trovi quel ch’egli sa più flebil verso
L’usignoletto, e pianga. Oh! se intendesse
Un leggiadro desío la peregrina
Rondinella che nido ha sul mio tetto!
55Deh viemmi ’n grembo, le direi: di rose
E di gesmini ho fatta una ghirlanda;
Vedi? ell’è piccioletta, ed a te forse
Non fia gran peso: or tu, che al vol sì ratte
Hai l’ale, va con questa al feral clivo
60Che lungi è da Canzan quanto trarría
Buon frombolier: tu là cerca la Croce
’Ve dell’amico mio leggesi il nome,
E su le braccia sue pietosamente
Lascia cader la grillandella mia.
65Non così tosto il sol le vaghe foglie
Inaridisca, e non le sfrondi ’l vento!
Ben so che breve dureran; ma quando
Fia chinato ogni stel, gli eletti semi
La pia zolla raccolga, e faccia quasi
70Ajuola di giardino intorno intorno.
Al redir tuo nel nuovo April, m’arreca
Una fogliuzza colà tolta: in serbo