Pagina:Una sfida al Polo.djvu/187

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tempesta polare 181


L’ex-baleniere aprì il carozzone, empì un canestro di bottiglie e le porto a Karalit, il quale pareva ancora istupidito.

— Va a berle alla nostra salute coi tuoi sudditi, — gli disse.

Poi aggiunse a bassa voce:

— Va a farti impiccare, minchione!... —

Ciò detto balzò sull’automobile prendendo il volante e lanciò il treno a tutta velocità, attraverso la sconfinata pianura coperta già da un buon metro di ghiaccio.

Karalit aveva raccolta prontamente la rivoltella ed aveva sparato un paio di colpi, ma ormai l’automobile era lontana.

— Ah birbante!... — esclamò lo studente, il quale aveva uditi gli spari, malgrado il fragore che produceva l’automobile. — Non credevo che quei piccoli uomini fossero così cattivi.

Che gli dia una lezione, signor Gastone?

— Lasciatelo andare, — rispose il canadese, abbassandogli il fucile che aveva già impugnato. — Non aggiungiamo un’altra vittima a quelle che abbiamo già fatte.

— Graziamolo pure, egli però se avesse potuto, non ci avrebbe risparmiati.

— Che cosa volete: sono vendicativi questi abitanti dei grandi freddi, e non meno degli abitanti dei grandi calori.

Dik, badate!... Poggiate verso la baia e state attento ai corsi d’acqua che sono ormai gelati e scomparsi sotto la neve.

Slittano le ruote?

— No, signore: mordono abbastanza bene.

— Rallentate un po’. Dobbiamo pensare anche al carrozzone, la nostra casa che ci sarà più cara dei motori, quando i grandi freddi piomberanno su di noi.

— Mi pare che comincino a prenderci già ora, — disse lo studente, stringendosi addosso la pelliccia. — Mi pare che il mio naso voglia andarsene a tener compagnia alla neve.