Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/102

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6 PROEMIO

[versione diplomatica]


ve ella leva, affermando prima che tali errori sono come ei dicano incorregibili, ne si puo rimediare loro senza le toppe, le quali cosi come ne panni sono cose da poveri di roba; nelle Sculture, et nelle Pitture similmente son cose da poveri d’ingegno et di giudizio. Di poi che la Pazienza con un tempo conveniente mediante i modelli, le centine, le squadre, le seste, et altri mille ingegni et strumenti da riportare non solamente gli difendano dagli errori: ma fanno condur loro il tutto alla sua perfezzione, concludono che questa difficultà che ei mettano per la maggiore è nulla, o poco: rispetto a quelle che hanno i pittori nel lavorare in fresco. Et che la detta perfezzione di giudizio non è punto piu necessaria alli scultori, che a’ pittori, bastando a quelli condurre i modelli buoni di cera, di terra o d’altro, come a questi i loro disegni in simili materie pure, o ne cartoni; et, che finalmente quella parte, che riduce a poco a poco loro i modelli ne marmi è piu tosto pazienza, che altro. Ma chiamisi giudizio come vogliono gli scultori se egli è piu necessario a chi lavora in fresco, che a chi scarpella ne’ marmi. Percioche in quello non solamente non ha luogo ne la pacienza ne il tempo per essere capitalissimi inimici, della unione della calcina et de colori: ma per che l’occhio non vede i colori veri: insino a che la calcina non è ben secca, ne la mano vi puo haver giudizio d’altro che del molle ò secco; di maniera, che chi lo dicesse lavorare al buio ò con occhiali di colori diversi dal vero non credo che errasse di molto. Anzi non dubito punto, che tal nome, non se li convenga, piu, che al lavoro d’incavo; alquale per occhiali, ma giusti et buoni, serve la cera. Et dicono, che a questo lavoro è necessario havere un giudizio risoluto, che antivegga la fine nel molle, et quale egli habbia a tornar poi secco. Oltra, che non si può abbandonare il lavoro, mentre, che la calcina tiene de ’l fresco; et bisogna risolutamente fare in un giorno, quello, che fa la scultura in un mese. Et, chi non hà questo giudizio et questa eccellenzia, si vede nella fine del lavoro suo ò col tempo, le toppe, le macchie, i rimessi, et i colori soprapposti, o ritocchi a secco: che è cosa vilissima; Perche vi si scuoprono poi le muffe; et fanno conoscere la insufficienza, et il poco sapere dello artefice suo; si come fanno bruttezza, i pezzi rimessi nella scultura, senza che quando accade lavare le figure a fresco, come spesso dopo qualche tempo avviene per rinovarle, quello, che è lavorato a fresco rimane, et quello, che a secco è stato ritocco, è dalla spugna bagnata portato via. Soggiungono ancora che dove gli Scultori fanno insieme due, o tre figure al piu d’un Marmo solo; essi ne fanno molte in una tavola sola, con quelle tante, et si varie vedute, che coloro dicono, che ha una statua sola: ricompensando con la varietà delle positure, scorci, et attitudini loro, il potersi vedere intorno intorno quelle degli Scultori, come gia fece Giorgione da Castel Franco in una sua pittura, laquale voltando le spalle, et havendo due specchi, uno da ciascun lato, et una fonte d’acqua a piedi, mostra nel dipinto il dietro, nella fonte il dinanzi, et nelli specchi gli lati: cosa che non ha mai potuto far la Scultura. Affermano oltra di ciò, che la Pittura non lascia elemento alcuno, che non sia ornato, et ripieno di tutte le eccellenzie, che la Natura ha dato loro: dando la sua luce, o le sue tenebre alla Aria, con tutte le sue varietà,


[versione critica]


ve ella leva, affermando prima che tali errori sono come ei dicano incorregibili, ne si puo rimediare loro senza le toppe, le quali cosi come ne panni sono cose da poveri di roba, nelle Sculture, et nelle Pitture similmente son cose da poveri d’ingegno et di giudizio, di poi che la Pazienza con un tempo conveniente mediante i modelli, le centine, le squadre, le seste, et altri mille ingegni et strumenti da riportare non solamente gli difendano dagli errori, ma fanno condur loro il tutto alla sua perfezzione, concludono che questa difficultà che ei mettano per la maggiore è nulla, o poco, rispetto a quelle che hanno i pittori nel lavorare in fresco. Et che la detta perfezzione di giudizio non è punto piu necessaria alli scultori, che a’ pittori, bastando a quelli condurre i modelli buoni di cera, di terra o d’altro, come a questi i loro disegni in simili materie pure, o ne cartoni; et, che finalmente quella parte, che riduce a poco a poco loro i modelli ne marmi è piu tosto pazienza, che altro. Ma chiamisi giudizio come vogliono gli scultori se egli è piu necessario a chi lavora in fresco, che a chi scarpella ne’ marmi. Percioche in quello non solamente non ha luogo ne la pacienza ne il tempo per essere capitalissimi inimici, della unione della calcina et de colori, ma per che l’occhio non vede i colori veri, insino a che la calcina non è ben secca, ne la mano vi puo haver giudizio d’altro che del molle o secco; di maniera, che chi lo dicesse lavorare al buio o con occhiali di colori diversi dal vero non credo che errasse di molto. Anzi non dubito punto, che tal nome, non se li convenga, piu, che al lavoro d’incavo; alquale per occhiali, ma giusti et buoni, serve la cera. Et dicono, che a questo lavoro è necessario havere un giudizio risoluto, che antivegga la fine nel molle, et quale egli habbia a tornar poi secco. Oltra, che non si può abbandonare il lavoro, mentre, che la calcina tiene de ’l fresco; et bisogna risolutamente fare in un giorno, quello, che fa la scultura in un mese. Et, chi non hà questo giudizio et questa eccellenzia, si vede nella fine del lavoro suo o col tempo, le toppe, le macchie, i rimessi, et i colori soprapposti, o ritocchi a secco: che è cosa vilissima, perche vi si scuoprono poi le muffe, et fanno conoscere la insufficienza, et il poco sapere dello artefice suo, si come fanno bruttezza, i pezzi rimessi nella scultura; senza che quando accade lavare le figure a fresco, come spesso dopo qualche tempo avviene per rinovarle, quello, che è lavorato a fresco rimane, et quello, che a secco è stato ritocco, è dalla spugna bagnata portato via. Soggiungono ancora che dove gli Scultori fanno insieme due, o tre figure al piu d’un Marmo solo, essi ne fanno molte in una tavola sola, con quelle tante, et si varie vedute, che coloro dicono, che ha una statua sola, ricompensando con la varietà delle positure, scorci, et attitudini loro, il potersi vedere intorno intorno quelle degli Scultori, come gia fece Giorgione da Castel Franco in una sua pittura, laquale voltando le spalle, et havendo due specchi, uno da ciascun lato, et una fonte d’acqua a piedi, mostra nel dipinto il dietro, nella fonte il dinanzi, et nelli specchi gli lati, cosa che non ha mai potuto far la Scultura. Affermano oltra di ciò, che la Pittura non lascia elemento alcuno, che non sia ornato, et ripieno di tutte le eccellenzie, che la Natura ha dato loro, dando la sua luce, o le sue tenebre alla Aria, con tutte le sue varietà,


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