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dine, et la proportione, che ha da essere nella figura, che e voglion fare; cercando accomodarsi alla larghezza, et alla altezza del sasso, che hanno fatto cavare, per farvela dentro. Ma, per mostrarvi come la cera si lavora, diremo del lavorare la cera, et non la terra. Questa per renderla piu morbida, vi si mette dentro un poco sevo, et di trementina, et di pece nera, dellequali cose il sevo la fa più arrendevole; e la trementina tegniente in se; et la pece le dà il colore nero, et le fa una certa sodezza dapoi, ch’è lavorata, nello stare fatta, che ella diventa dura. Et chi volesse anco farla d’altro colore, puo agevolmente; perche mettendovi dentro terra rossa, ò vero cinabrio, ò minio, la farà giuggiolina, ò di somigliante colore. Se verderame, verde; et il simile si dice degli altri colori. Ma è bene da avvertire, che i detti colori vogliono esser fatti in polvere, e stiacciati, e cosi fatti essere poi mescolati con la cera liquefatta, che sia. Fassene ancora per le cose piccole, et per fare medaglie, ritratti, e storiette, et altre cose di basso rilievo, della bianca. E questa si fa, mescolando con la cera bianca, biacca in polvere come si é detto disopra. Non tacerò ancora, che i moderni Artefici hanno trovato il modo di fare nella cera le mestiche di tutte le sorti colori; onde nel fare ritratti di naturale di mezzo rilievo fanno le carnagioni, i capegli, i panni, et tutte l’altre cose in modo simili al vero, che a cotali figure non manca, in un certo modo, se non lo spirito, et le parole. Ma per tornare al modo di fare la cera. Acconcia questa mistura, e insieme fonduta, fredda ch’ella è; se ne fa i pastelli, iquali nel maneggiarli dalla caldezza delle mani si fanno come pasta, et con essa si crea una figura a sedere, ritta, o come si vuole, laquale habbia sotto un’armadura, per reggerla in se stessa, o di legni, o di fili di ferro, secondo la volontà dell’artefice, et ancor si può fare con essa, et senza, come gli torna bene. Et a poco a poco col giudicio, et le mani lavorando, crescendo la materia, con i stecchi d’osso, di ferro, o di legno, si spinge in dentro la cera, et con mettere dell’altra sopra si aggiugne, et raffina, finche con le dita si dà a questo modello l’ultimo pulimento. Et finito cio, volendo fare di quegli, che siano di terra, si lavora a similitudine della cera, ma senza armadura di sotto, o di legno, o di ferro, perche li farebbe fendere, et crepare. Et mentre, che quella si lavora, perche non fenda, con un panno bagnato si tien coperta, fino che resta fatta. Finiti questi piccioli modelli, o figure di cera, o di terra si ordina di fare un’altro modello, che habbia ad essere grande, quanto quella stessa figura, che si cerca di fare di marmo; nelche fare perche la terra, che si lavora humida nel seccarsi rientra; bisogna mentre, che ella si lavora, fare a bell’agio, et rimetterne su di mano in mano; et nell’ultima fine mescolare con la terra farina cotta, che la mantiene morbida, et lieva quella secchezza. Et questa diligenza fa, che il modello non rientrando rimane giusto, et simile alla figura, che s’ha da lavorare di marmo. Et perche il modello di terra grande si habbia a reggere in se, et la terra non habbia a fendersi, bisogna pigliare della cimatura, o borra, che si chiami, o pelo. Et nella terra mescolare quella, la quale la rende in se tegnente; et non la lascia fendere.

Armasi di legni sotto, et di stoppa stretta, o fieno, con lo spago, et si fa l’ossa della figura, et se le fa fare quella attitudine, che bisogna; secondo il modello picciolo diritto, o a sedere, che sia, et cominciando a coprirla di terra, si conduce ignuda, lavorandola insino al fine. La qual condotta, se se le vuol poi farepan


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