Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/300

Da Wikisource.
204 PRIMA PARTE

(versione diplomatica)


(versione critica)


dato principio di marmo ai rimessi delle figure di chiaro e scuro, nelle quali oggi i moderni artefici hanno fatto le maraviglie che in essi si veggono. Attese costui alla immitazione della maniera vecchia, e con giudizio sanissimo diede oneste forme alle figure, le quali espresse, eccellentissimamente nelle difficultà di tal arte. Egli di sua mano imitando le pitture di chiaro scuro ordinò e disegnò i principii del detto pavimento e nel Duomo fece una tavola, che fu allora messa all’altare maggiore e poi levatane per mettervi il tabernacolo del corpo di Cristo che al presente vi si vede. In questa tavola, secondo che scrive Lorenzo di Bartolo Ghiberti, era una incoronazione di Nostra Donna, lavorata quasi alla maniera greca, ma mescolata assai con la moderna; e perchè era così dipinta dalla parte di dietro come dinanzi, essendo il detto altar maggiore spiccato intorno intorno, dalla detta parte di dietro erano con molta diligenza state fatte da Duccio tutte le principali storie del Testamento Nuovo, in figure piccole molto belle. Ho cercato sapere dove oggi questa tavola si truovi, ma non ho mai, per molta diligenza che io ci abbia usato, potuto rinvenirla o sapere quello che Francesco di Giorgio scultore ne facesse, quando rifece di bronzo il detto tabernacolo, e quelli ornamenti di marmo che vi sono. Fece similmente per Siena molte tavole in campo d’oro et una in Fiorenza in S. Trinita, dove è una Nunziata. Dipinse poi moltissime cose in Pisa, in Lucca et in Pistoia per diverse chiese, che tutte furono sommamente lodate e gl’acquistarono nome et utile grandissimo. Finalmente, non si sa dove questo Duccio morisse nè che parenti, discepoli o facultà lasciasse; basta, che per avere egli lasciato erede l’arte della invenzione e della pittura nel marmo di chiaro e scuro, merita per tale benefizio nell’arte comendazione e lode infinita; e che sicuramente si può annoverarlo fra i benefattori, che allo esercizio nostro aggiungono grado et ornamento, considerato che coloro i quali vanno investigando le difficultà delle rare invenzioni, hanno eglino ancora la memoria che lasciano tra l’altre cose maravigliose. Dicono a Siena che Duccio diede l’anno 1348 il disegno della capella che è in piazza nella facciata del palazzo principale; e si legge che visse ne’ tempi suoi e fu della medesima patria Moccio scultore et architetto ragionevole, il quale fece molte opere per tutta Toscana, e particolarmente in Arezzo nella chiesa di S. Domenico una sepoltura di marmo per uno de’ Cerchi, la quale sepoltura fa sostegno et ornamento all’organo di detta chiesa; e se a qualcuno paresse che ella non fusse molto eccellente opera, se si considera che egli la fece, essendo giovanetto, l’anno 1356, ella non sarà se non ragionevole. Servì costui nell’opera di S. Maria del Fiore per sotto architetto e per scultore, lavorando di marmo alcune cose per quella fabrica; et in Arezzo rifece la chiesa di S. Agostino, che era piccola, nella maniera che ell’è oggi, e la spesa fecero gl’eredi di Piero Saccone de’ Tarlati, secondo che aveva egli ordinato prima che morisse in Bibbiena, terra del Casentino. E perchè Moccio condusse questa chiesa senza volte e caricò il tetto sopra gl’archi delle colonne, egli si mise a un gran pericolo e fu veramente di troppo animo. Il medesimo fece la chiesa e convento di S. Antonio, che inanzi all’assedio di Firenze era alla porta a Faenza e che oggi è del tutto rovinato, e di scultura la porta di S. Agostino in