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258 SECONDA PARTE

nella sua opera, della quale si è detto di sopra a bastanza; e perchè di queste cose vecchie è ben fatto serbare qualche memoria, nel palazzo del signor Duca Cosimo n’ho fatto conservare alcune e di mano propria di Dello, dove sono e saranno sempre degne d’essere considerate, almeno per gl’abiti varii di que’ tempi, così da uomini come da donne, che in esse si veggiono. Lavorò ancora Dello in fresco nel chiostro di S. Maria Novella in un cantone di verde terra la storia d’Isaac quando dà la benedizione a Esaù. E poco dopo questa opera, essendo condotto in Ispagna al servigio del Re, venne in tanto credito, che molto più disiderare da alcuno artefice non si sarebbe potuto. E se bene non si sa particolarmente che opere facesse in quelle parti essendone tornato richissimo et onorato molto, si può giudicare ch’elle fussero assai e belle e buone. Dopo qualche anno, essendo stato delle sue fatiche realmente rimunerato, venne capriccio a Dello di tornare a Firenze, per far vedere agl’amici come da estrema povertà fosse a gran ricchezze salito. Onde, andato per la licenza a quel Re, non solo l’ottenne graziosamente (come che volentieri l’arebbe ratenuto se fusse stato in piacere di Dello), ma per maggiore segno di gratitudine fu fatto da quel liberalissimo Re cavaliere; per che, tornando a Firenze per avere le bandiere e la confermazione de’ privilegii, gli furono denegate per cagione di Filippo Spano degli Scolari che in quel tempo, come gran Siniscalco del Re d’Ungheria, tornò vittorioso de’ Turchi. Ma avendo Dello scritto subitamente in Ispagna al Re, dolendosi di questa ingiuria, il Re scrisse alla Signoria in favore di lui sì caldamente, che gli fu senza contrasto conceduta la disiderata e dovuta onoranza. Dicesi che, tornando Dello a casa a cavallo con le bandiere, vestito di broccato et onorato dalla Signoria, fu proverbiato nel passare per Vacchereccia, dove allora erano molte botteghe d’orefici, da certi domestici amici che in gioventù l’avevano conosciuto, o per ischerno o per piacevolezza che lo facessero, e che egli rivolto dove aveva udito la voce, fece con ambe le mani le fiche e senza dire alcuna cosa passò via, sì che quasi nessuno se n’accorse, se non se quelli stessi che l’avevano uccellato. Per questo e per altri segni che gli fecero conoscere che nella patria non meno si adoperava contra di lui l’invidia che già s’avesse fatto la malignità quando era poverissimo, deliberò di tornarsene in Ispagna. E così, scritto et avuto risposta dal Re, se ne tornò in quelle parti, dove fu ricevuto con favore grande e veduto poi sempre volentieri e dove attese a lavorar e vivere come signore, dipignendo sempre da indi inanzi col grembiule di broccato. Così, dunque, diede luogo all’invidia et appresso di quel Re onoratamente visse e morì d’anni quarantanove, e fu dal medesimo fatto sepellire onorevolmente con questo epifaffio:

Dellus eques Florentinus, picturae arte percelebris: Regisque Hispaniarum liberalitate et ornamentis amplissimus. H. S. E. S. T. T. L.

Non fu Dello molto buon disegnatore, ma fu bene fra i primi che cominciassero a scoprir con qualche giudizio i muscoli ne’ corpi ignudi, come si vede in alcuni disegni di chiaro scuro fatti da lui nel nostro libro. Fu ritratto in S. Maria Novella da Paulo Ucelli di chiaro scuro, nella storia dove Noè è inebriato da Cam suo figliuolo.

FINE DELLA VITA DI DELLO PITTOR FIORENTINO