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FILIPPO BRUN. 315

per lo adietro molti si erano immaginati, perchè così sicuramente vi lavoravano i maestri e tiravono pesi e vi stavano sicuri, come se nella piana terra fussino; e ne rimase i modelli di detti ponti nell’opera. Fece Lorenzo, in una dell’otto facce, la catena con grandissima difficultà; e finita fu dagli Operai fatta vedere a Filippo, il quale non disse loro niente, ma con certi amici suoi ne ragionò, dicendo che bisognava altra legatura che quella, e metterla per altro verso che non avevano fatto, e che al peso che vi andava sopra non era sufficiente, perchè non stringeva tanto che fusse a bastanza, e che la provisione che si dava a Lorenzo era, insieme con la catena che egli aveva fatta murare, gittata via. Fu inteso l’umore di Filippo e li fu commesso che e’ mostrassi come si arebbe a fare che tal catena adoperasse. Onde, avendo egli già fatto disegni e modelli, subito gli mostrò, e veduti dagli Operai e dagli altri maestri, fu conosciuto in che errore erano cascati per favorire Lorenzo; e volendo mortificare questo errore, e mostrare che conoscevano il buono, feciono Filippo governatore e capo a vita di tutta la fabbrica, e che non si facesse di cosa alcuna in quella opera se non il voler suo; e per mostrare di riconoscerlo li donorono cento fiorini, stanziati per i Consoli et Operai sotto dì 13 d’agosto 1423 per mano di Lorenzo Pauli notaio dell’Opera, a uscita di Gherardo di Messer Filippo Corsini, e li feciono provisione per partito, di fiorini cento l’anno per sua provisione a vita. Così, dato ordine a far camminare la fabbrica, la seguitava con tanta obedienza e con tanta accuratezza, che non si sarebbe murata una pietra che non l’avesse voluta vedere. Dall’altra parte Lorenzo, trovandosi vinto e quasi svergognato, fu da’ suoi amici favorito et aiutato talmente che tirò il salario, mostrando che non poteva essere casso, per infino a tre anni di poi. Faceva Filippo di continovo, per ogni minima cosa, disegni e modelli di castelli da murare, et edifizii da tirar pesi. Ma non per questo restavano alcune persone malotiche, amici di Lorenzo, di farlo disperare, con tutto il dì farli modelli contro, per concorrenza; intanto che ne fece uno maestro Antonio da Verzelli et altri maestri favoriti e messi inanzi ora da questo cittadino et ora da quell’altro, mostrando la volubilità loro, il poco sapere et il manco intendere, avendo in man le cose perfette e mettendo inanzi l’imperfette e disutili. Erano già le catene finite intorno intorno all’otto facce, et i muratori inanimiti lavoravano gagliardamente; ma sollecitati da Filippo più che ’l solito, per alcuni rabbuffi avuti nel murare, e per le cose che accadevano giornalmente, se lo erono recato a noia. Onde, mossi da questo e da invidia, si strinseno insieme i capi faccendo setta, e dissono che era faticoso lavoro e di pericolo, e che non volevon volgerla senza gran pagamento (ancora che più del solito loro fusse stato cresciuto) pensano per cotal via di vendicarsi con Filippo e fare a sè utile. Dispiacque agli Operai questa cosa, et a Filippo similmente: e pensatovi su, prese partito un sabato sera di licenziarli tutti. Coloro, vistosi licenziare, e non sapendo che fine avesse ad avere questa cosa, stavano di mala voglia, quando il lunedì seguente, messe in opera Filippo dieci lombardi, e con lo star quivi presente, dicendo: "Fa qui così e fa qua", gli istruì in un giorno tanto, che ci lavorarono molte settimane. Dall’altra parte i muratori, veggendosi licenziati e tolto il lavoro e fattoli quello scorno, non avendo lavori tanto utili quanto quello, messono mezzani a Filippo, che