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320 SECONDA PARTE

maggiore la cappella grande, che prima era ordinata una nicchia più piccola, che e’ vi si potette fare il coro come sta al presente; e finita, rimase a fare la tribuna del mezzo, et il resto della chiesa. La qual tribuna et il resto non si voltò se non doppo la morte di Filippo. Questa chiesa è di lunghezza braccia 144 e vi si veggono molti errori, ma fra gl’altri quello delle colonne messe nel piano, senza mettervi sotto un dado, che fusse tanto alto quanto era il piano delle base de’ pilastri posati in su le scale; cosa, che al vedere il pilastro più corto che la colonna, fa parere zoppa tutta quell’opera. E di tutto furono cagione i consigli di chi rimase doppo lui, che avevono invidia al suo nome, e che in vita gli avevano fatto i modelli contro, de’ quali nientedimeno erano stati, con sonetti fatti da Filippo, svergognati; e doppo la morte, con questo se ne vendicorono non solo in questa opera, ma in tutte quelle che rimasono da lavorarsi per loro. Lasciò il modello, e parte della calonaca de’ preti di esso San Lorenzo finita, nella quale fece il chiostro lungo braccia 144. Mentre che questa fabbrica si lavorava, Cosimo de’ Medici voleva far fare il suo palazzo, e così ne disse l’animo suo a Filippo; che posto ogni altra cura da canto, gli fece un bellissimo e gran modello per detto palazzo, il quale situar voleva dirimpetto a S. Lorenzo su la piazza intorno intorno isolato. Dove l’artificio di Filippo s’era talmente operato, che, parendo a Cosimo troppo suntuosa e gran fabbrica, più per fuggire l’invidia che la spesa, lasciò di metterla in opera. E mentre che il modello lavorava, soleva dire Filippo che ringraziava la sorte di tale occasione, avendo a fare una casa, di che aveva avuto desiderio molti anni, et essersi abbattuto a uno che la voleva e poteva fare. Ma intendendo poi la resoluzione di Cosimo, che non voleva tal cosa mettere in opera, con isdegno in mille pezzi ruppe il disegno. Ma bene si pentì Cosimo di non avere seguito il disegno di Filippo, poi che egli ebbe fatto quell’altro; il qual Cosimo soleva dire che non aveva mai favellato ad uomo di maggior intelligenza et animo di Filippo. Fece ancora il modello del bizzarrissimo tempio degl’Angeli per la nobile famiglia degli Scolari; il quale rimase imperfetto e nella maniera che oggi si vede, per avere i Fiorentini spesi i danari, che per ciò erano in sul Monte, in alcuni bisogni della città, o come alcuni dicono, nella guerra che già ebbero co’ Lucchesi. Nel quale spesero ancora i danari che similmente erano stati lasciati per far la Sapienza, da Niccolò da Uzzano, come in altro luogo si è a lungo raccontato. E nel vero, se questo tempio degli Angeli si finiva secondo il modello del Brunellesco, egli era delle più rare cose d’Italia: perciò che quello che se ne vede non si può lodar a bastanza. Le carte della pianta e del finimento del quale tempio a otto facce, di mano di Filippo, è nel nostro libro, con altri disegni del medesimo. Ordinò anco Filippo a Messer Luca Pitti fuor della porta a San Niccolò di Fiorenza in un luogo detto Ruciano, un ricco e magnifico palazzo; ma non già a gran pezza simile a quello che per lo medesimo cominciò in Firenze e condusse al secondo finestrato, con tanta grandezza e magnificenza, che d’opera toscana non si è anco veduto il più raro nè il più magnifico. Sono le porte di questo doppie, la luce braccia sedici, e la larghezza otto; le prime e le seconde finestre simili in tutto alle porte medesime. Le volte sono doppie, e tutto l’edifizio in tanto artifizioso che non si può imaginar nè più