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ALESSO BALDOVINETTI 381

altre infinite simili cose. Fece nella Nunziata di Firenze, nel cortile dietro a punto al muro dove è dipinta la stessa Nunziata, una storia a fresco, e ritocca a secco, nel quale è una Natività di Cristo, fatta con tanta fatica e diligenza, che in una capanna che vi è, si potrebbono annoverar le fila et i nodi della paglia. Vi contrafece ancora in una rovina d’una casa, le pietre muffate, e dalla pioggia e dal ghiaccio logore e consumate; con una radice d’ellera grossa, si ricuopre una parte di quel muro, nella quale è da considerare che con lunga pazienza fece d’un color verde il ritto delle foglie e d’un altro il rovescio, come fa la natura nè più nè meno, e oltra ai pastori vi fece una serpe, o vero biscia, che camina su per un muro, naturalissima. Dicesi che Alesso s’affaticò molto per trovare il vero modo del musaico, e che non gl’essendo mai riuscito cosa che volesse, gli capitò finalmente alle mani un tedesco che andava a Roma alle perdonanze, e che alloggiandolo imparò da lui interamente il modo e la regola di condurlo. Di maniera che essendosi messo poi arditamente a lavorare in San Giovanni, sopra le porte di bronzo, fece dalla banda di dentro negl’archi alcuni Angeli che tengono la testa di Cristo. Per la quale opera, conosciuto il suo buon modo di fare, gli fu ordinato dai consoli dell’Arte de’ Mercatanti che rinettasse e pulisse tutta la volta di quel tempio, stata lavorata, come si disse, da Andrea Tafi, perchè essendo in molti luoghi guasta, aveva bisogno d’esser rassettata e racconcia. Il che fece Alesso con amore e diligenza, servendosi in ciò d’un edifizio di legname, che gli fece il Cecca, il quale fu il migliore architetto di quell’età. Insegnò Alesso il magisterio de’ musaici a Domenico Ghirlandaio, il quale a canto sè poi lo ritrasse nella cappella de’ Tornabuoni in Santa Maria Novella, nella storia dove Giovacchino è cacciato del tempio, nella figura d’un vecchio raso con un cappuccio rosso in testa. Visse Alesso anni ottanta. E quando cominciò ad avicinarsi alla vecchiezza, come quello che voleva poter con animo quieto attender agli studi della sua professione, sì come fanno spesso molti uomini, si commise nello spedale di S. Paulo. Et a cagione forse d’esservi ricevuto più volentieri e meglio trattato (potette anco essere a caso), fece portare nelle sue stanze del detto spedale un gran cassone, sembiante facendo che dentro vi fusse buona somma di danari, perchè così credendo che fusse, lo spedalingo e gl’altri ministri, i quali sapevano che egli aveva fatto allo spedale donazione di qualunque cosa si trovasse alla morte sua, gli facevano le maggior carezze del mondo. Ma venuto a morte Alesso, vi si trovò dentro solamente disegni, ritratti in carta et un libretto che insegnava a far le pietre del musaico, lo stucco, et il modo di lavorare. Nè fu gran fatto, secondo che si disse, che non si trovassero danari, perchè fu tanto cortese che niuna cosa aveva, che così non fusse degl’amici come sua. Fu suo discepolo il Graffione fiorentino, che sopra la porta degl’Innocenti fece a fresco il Dio Padre, con quegli Angeli che vi sono ancora. Dicono che il Magnifico Lorenzo de’ Medici ragionando un dì col Graffione che era un stravagante cervello, gli disse: "Io voglio far fare di musaico e di stucchi tutti gli spigoli della cupola di dentro". E che il Graffione rispose: "Voi non ci avete maestri". A che replicò Lorenzo: "Noi abbiam tanti danari,