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CECCA 441

quegli; per il che sono stati forzati gl’artefici a divenire industriosi negli ordini de’ tirari, nelle machine da guerra, negli edifizii da acque et in tutte quelle avvertenzie et accorgimenti, che sotto nome di ingegni e di architetture, disordinando gli adversarii et accomodando gli amici, fanno e bello comodo il mondo. E qualunche sopra gli altri ha saputo fare queste cose, oltra lo essere uscito d’ogni sua noia, sommamente è stato lodato e pregiato da tutti gl’altri; come al tempo de’ padri nostri fu il Cecca fiorentino al quale ne’ dì suoi vennero in mano molte cose e molto onorate; et in quelle si portò egli tanto bene nel servigio della patria sua, operando con risparmio e sodisfazzione e grazia de’ suoi cittadini, che le ingegnose et industriose fatiche sue lo hanno fatto famoso e chiaro fra gl’altri egregi e lodati artefici. Dicesi che il Cecca fu nella sua giovinezza legnaiuolo bonissimo; e perchè egli aveva applicato tutto lo intento suo a cercare di sapere le difficultà degli ingegni: come si può condurre ne’ campi de’ soldati machine da muraglie, scale da salire nelle città, arieti da rompere le mura, difese da riparare i soldati per combattere, et ogni cosa che nuocere potesse agli inimici, e quelle che a’ suoi amici potessero giovar, essendo egli persona di grandissima utilità alla patria sua, meritò che la Signoria di Fiorenza gli desse provisione continua. Per il che, quando non si combatteva, andava per il dominio rivedendo le fortezze e le mura delle città e castelli ch’erano debili, et a quelli dava il modo de’ ripari e d’ogni altra cosa che bisognava. Dicesi che le nuvole che andavano in Fiorenza, per la festa di S. Giovanni a processione, cosa certo ingegnosissima e bella, furono invenzione del Cecca, il quale, allora che la città usava di fare assai feste, era molto in simili cose adoperato. E nel vero, come che oggi si siano cotali feste e rappresentazioni quasi del tutto dismesse, erano spettacoli molto belli, e se ne faceva non pure nelle Compagnie o vero Fraternite, ma ancora nelle case private de’ gentiluomini, i quali usavano di far certe brigate e compagnie, et a certi tempi trovarsi allegramente insieme; e fra essi sempre erano molti artefici galantuomini che servivano, oltre all’essere capricciosi e piacevoli, a far gl’apparati di cotali feste. Ma fra l’altre, quattro solennissime e publiche si facevano quasi ogni anno, cioè una per ciascun quartiere, eccetto S. Giovanni per la festa del quale si faceva una solennissima processione, come si dirà: Santa Maria Novella quella di Santo Ignazio, Santa Croce quella di S. Bartolomeo detto S. Baccio, S. Spirito quella dello Spirito Santo et il Carmine quella dell’Ascensione del Signore e quella dell’Assunzione di Nostra Donna. La quale festa dell’Ascensione, perchè dell’altre d’importanza si è ragionato o si ragionerà, era bellissima; conciò fusse che Cristo era levato di sopra un monte benissimo fatto di legname, da una nuvola piena d’Angeli e portato in un cielo, lasciando gl’Apostoli in sul monte, tanto ben fatto che era una maraviglia, e massimamente essendo alquanto maggiore il detto cielo che quello di S. Felice in Piazza, ma quasi con i medesimi ingegni. E perchè la detta chiesa del Carmine, dove questa rappresentazione si faceva, è più larga assai e più alta che quella di S. Felice, oltre quella parte che riceveva il Cristo, si accommodava alcuna volta, secondo che pareva, un altro cielo sopra la tribuna maggiore, nel quale alcune ruote grandi fatte a guisa d’arcolai, che dal centro