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ANDREA VERROC. 483

altre ancora, mediante lo studio, voltò l’animo alla pittura e così fece i cartoni d’una battaglia d’ignudi, disegnati di penna molto bene, per fargli di colore in una facciata. Fece similmente i cartoni d’alcuni quadri di storie e dopo gli cominciò a mettere in opera di colori; ma qual si fusse la cagione, rimasero imperfetti. Sono alcuni disegni di sua mano nel nostro libro, fatti con molta pacienza e grandissimo giudizio; in fra i quali sono alcune teste di femina con bell’arie et acconciature di capegli, quali per la sua bellezza Lionardo da Vinci sempre imitò; sonvi ancora dua cavagli con il modo delle misure e centine, da fargli di piccioli grandi, che venghino proporzionati e senza errori; e di rilievo di terra cotta è appresso di me una testa di cavallo ritratta dall’antico, che è cosa rara, et alcuni altri pure in carta, n’ha il molto reverendo don Vincenzio Borghini nel suo libro, del quale si è di sopra ragionato. E fra gl’altri un disegno di sepoltura da lui fatto in Vinegia per un doge et una storia de’ Magi che adorano Cristo; et una testa d’una donna finissima quanto si possa, dipinta in carta. Fece anco a Lorenzo de’ Medici, per la fonte della villa a Careggi, un putto di bronzo, che strozza un pesce; il quale ha fatto porre, come oggi si vede, il signor duca Cosimo alla fonte che è nel cortile del suo palazzo; il qual putto è veramente maraviglioso. Dopo, essendosi finita di murare la cupola di Santa Maria del Fiore, fu risoluto dopo molti ragionamenti, che si facesse la palla di rame che aveva a esser posta in cima a quell’edifizio, secondo l’ordine lasciato da Filippo Brunelleschi; per che, datone la cura ad Andrea, egli la fece alta braccia quattro, e posandola in sur un bottone, la incatenò di maniera che poi vi si potè mettere sopra sicuramente la croce. La quale opera finita, fu messa su con grandissima festa e piacere de’ popoli. Ben è vero che bisognò usar nel farla ingegno e diligenza, perchè si potesse, come si fa, entrarvi dentro per di sotto; et anco nell’armarla con buone fortificazioni acciò i venti non le potessero far nocumento. E per chè Andrea mai non si stava, e sempre o di pittura o di scultura lavorava qualche cosa e qualche volta tramezzava l’un’opera con l’altra, perchè meno, come molti fanno, gli venisse una stessa cosa a fastidio, se bene non mise in opera i sopradetti cartoni, dipinse nondimeno alcune cose; e fra l’altre una tavola alle monache di San Domenico di Firenze, nella quale gli parve essersi portato molto bene, onde poco appresso ne dipinse in S. Salvi un’altra a’ frati di Vallombrosa, nella quale è quando San Giovanni battezza Cristo. Et in questa opera aiutandogli Lionardo da Vinci allora giovanetto e suo discepolo, vi colorì un Angelo di sua mano, il quale era molto meglio che l’altre cose; il che fu cagione che Andrea si risolvette a non volere toccare più pennelli, poichè Lionardo così giovanetto in quell’arte, si era portato molto meglio di lui. Avendo dunque Cosimo de’ Medici avuto di Roma molte anticaglie, aveva dentro alla porta del suo giardino, o vero cortile, che riesce nella via de’ Ginori fatto porre un bellissimo Marsia di marmo bianco, impiccato a un tronco per dovere essere scorticato; perchè volendo Lorenzo suo nipote, al quale era venuto alle mani un torso con la testa d’un altro Marsia antichissimo e molto più bello che l’altro e di pietra rossa, accompagnarlo col primo, non poteva ciò fare essendo imperfettissimo; onde datolo a finire et