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un architettore da motteggio". Il che udendo il Papa, che sedeva, si voltò verso Antonio e gli rispose, chinandosi con la testa quasi infino in terra: "Antonio, noi vogliamo che Melighino sia un architettore da dovero, e vedetelo alla provisione". E ciò detto si partì licenziandoci tutti. Et in ciò volle mostrare che i prìncipi, molte volte, più che i meriti, conducono gl’uomini a quelle grandeze che vogliono. Questa cornice fu poi fatta da Michelagnolo, come si dirà nella vita di lui, che rifece quasi in altra forma tutto quel palazzo. Rimase, dopo la morte d’Antonio, Batista Gobbo suo fratello, persona ingegnosa, che spese tutto il tempo nelle fabbriche d’Antonio, che non si portò molto bene verso lui. Il quale Batista non visse molti anni dopo la morte d’Antonio, e morendo lasciò ogni suo avere alla Compagnia della Misericordia de’ fiorentini in Roma, con carico che gl’uomini di quella facessino stampare un suo libro d’osservazioni sopra Vitruvio. Il quale libro non è mai venuto in luce, et è openione che sia buon’opera, perché intendeva molto bene le cose dell’arte, et era d’ottimo giudizio e sincero e da bene. Ma tornando ad Antonio, essendo egli morto in Terni, fu condotto a Roma, con pompa grandissima portato alla sepoltura, accompagnandolo tutti gl’artefici del disegno e molti altri. E dopo fu dai soprastanti di San Pietro fatto mettere il corpo suo in un diposito vicino alla capella di papa Sisto in S. Pietro con l’infrascritto epitaffio:

Antonio Sancti Galli florentino, urbe munienda ac publicis operibus, praecipueque Divi Petri templo ornando architectorum facile principi, dum Velini lacus emissionem parat, Paulo Pontifice Maximo auctore, inter amne intempestive extincto, Isabella Deta uxor moestissima posuit 1546. III. calendis octobris.

E per vero dire, essendo stato Antonio eccellentissimo architettore, merita non meno di essere lodato e celebrato, come le sue opere ne dimostrano, che qual si voglia altro architettore antico o moderno.