Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/377

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che mena con una mano i mantici e con l’altra, che ha un paio di molle, tiene il ferro d’una freccia che fabrica, mentre Venere ne tempera in un vaso alcune già fatte e le mette nel turcasso di Cupido. E questa è una delle belle opere che mai facesse Giulio, e poco altro in fresco si vede di sua mano. In San Domenico fece per Messer Lodovico da Fermo in una tavola un Cristo morto, il quale s’apparecchiano Giuseppo e Nicodemo di porlo nel sepolcro, et appresso la madre e l’altre Marie e S. Giovanni Evangelista. Et un quadretto, nel quale fece similmente un Cristo morto, è in Vinezia in casa Tommaso da Empoli fiorentino. In quel medesimo tempo che egli queste et altre pitture lavorava, avenne che il signor Giovanni de’ Medici, essendo ferito da un moschetto, fu portato a Mantova dove egli si morì, per che Messer Pietro Aretino, affezzionatissimo servitore di quel signore et amicissimo di Giulio, volle che così morto esso Giulio lo formasse di sua mano. Onde egli fattone un cavo in sul morto, ne fece un ritratto che stette poi molti anni appresso il detto Aretino. Nella venuta di Carlo Quinto imperatore a Mantova, per ordine del Duca fé Giulio molti bellissimi apparati d’archi, prospettive per comedie e molte altre cose, nelle quali invenzioni non aveva Giulio pari. E non fu mai il più capriccioso nelle mascherate e nel fare stravaganti abiti per giostre, feste e torneamenti come allora si vide, con stupore e maraviglia di Carlo imperadore e di quanti v’intervennero. Diede oltre ciò per tutta quella città di Mantova in diversi tempi tanti disegni di cappelle, case, giardini e facciate, e talmente si dilettò d’abellirla et ornarla che la ridusse in modo che dove era prima sottoposta al fango e piena d’acqua brutta a certi tempi e quasi inabitabile, ell’è oggi, per industria di lui, asciutta, sana e tutta vaga e piacevole. Mentre Giulio serviva quel Duca, rompendo un anno il Po gl’argini suoi, allagò in modo Mantova, che in certi luoghi bassi della città s’alzò l’acqua presso a quattro braccia, onde per molto tempo vi stavano quasi tutto l’anno le rannochie, per che pensando Giulio in che modo si potesse a ciò rimediare, adoperò di maniera che ella ritornò per allora nel suo primo essere. Et acciò altra volta non avenisse il medesimo, fece che le strade, per comandamento del Duca, si alzarono tanto da quella banda, che superata l’altezza dell’acque, i casamenti rimasero al disopra. E perché da quella parte erano casucce piccole e deboli, e di non molta importanza, diede ordine che si riducessero a migliore termine rovinando quelle per alzare le strade e riedificandone sopra delle maggiori e più belle per utile e commodo della città. Alla qual cosa opponendosi molti con dire al Duca che Giulio faceva troppo gran danno, egli non volle udire alcuno; anzi facendo allora Giulio maestro delle strade, ordinò che non potesse niuno in quella città murare senza ordine di Giulio. Per la qual cosa molti dolendosi et alcuni minacciando Giulio, venne ciò all’orecchie del Duca, il qual usò parole sì fatte in favore di Giulio, che fé conoscere che quanto si facesse in disfavore o danno di quello, lo reputarebbe fatto a se stesso e ne farebbe dimostrazione. Amò quel duca di maniera la virtù di Giulio, che non sapea vivere senza lui; et all’incontro Giulio ebbe a quel signore tanta reverenza, che più non è possibile imaginarsi. Onde non dimandò mai per sé o per altri grazia che non l’ottenesse, e si trovava,