Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/52

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allargandolo, s’abbassava. Et imaginandosi di volere a olio colorire in muro, fece una composizione d’una mistura sì grossa, per lo incollato del muro, che continuando a dipignere in detta sala, cominciò a colare, di maniera che in breve tempo abbandonò quella, vedendola guastare. Aveva Lionardo grandissimo animo et in ogni sua azzione era generosissimo. Dicesi che andando al banco per la provisione, ch’ogni mese da Piero Soderini soleva pigliare, il cassiere gli volse dare certi cartocci di quattrini; et egli non li volse pigliare, rispondendogli: "Io non sono dipintore da quattrini". Essendo incolpato d’aver giuntato da Piero Soderini fu mormorato contra di lui; per che Lionardo fece tanto con gli amici suoi, che ragunò i danari e portolli per ristituire, ma Piero non li volle accettare. Andò a Roma col duca Giuliano de’ Medici nella creazione di papa Leone, che attendeva molto a cose filosofiche e massimamente alla alchimia, dove formando una pasta di una cera, mentre che caminava faceva animali sottilissimi pieni di vento, ne i quali soffiando, gli faceva volare per l’aria; ma cessando il vento, cadevano in terra. Fermò in un ramarro, trovato dal vignaruolo di Belvedere, il quale era bizzarrissimo, di scaglie di altri ramarri scorticate, ali a dosso con mistura d’argenti vivi, che nel moversi quando caminava tremavano; e fattogli gl’occhi, corna e barba, domesticatolo e tenendolo in una scatola, tutti gli amici ai quali lo mostrava, per paura faceva fuggire. Usava spesso far minutamente digrassare e purgare le budella d’un castrato, e talmente venir sottili, che si sarebbono tenuto in palma di mano. Et aveva messo in un’altra stanza un paio di mantici da fabbro, ai quali metteva un capo delle dette budella, e gonfiandole ne riempieva la stanza, la quale era grandissima, dove bisognava che si recasse in un canto chi v’era, mostrando quelle trasparenti e piene di vento, dal tenere poco luogo in principio, esser venute a occuparne molto, aguagliandole alla virtù. Fece infinite di queste pazzie, et attese alli specchi; e tentò modi stranissimi nel cercare olii per dipignere e vernice per mantenere l’opere fatte. Fece in questo tempo per Messer Baldassarri Turini da Pescia che era datario di Leone, un quadretto di una Nostra Donna col Figliuolo in braccio con infinita diligenzia et arte. Ma, o sia per colpa di chi lo ingessò o pur per quelle sue tante e capricciose misture delle mestiche e de’ colori, è oggi molto guasto. Et in un altro quadretto ritrasse un fanciulletto, che è bello e grazioso a maraviglia, che oggi sono tutti e due in Pescia appresso a Messer Giulio Turini. Dicesi, che essendogli allogato una opera dal Papa, subito cominciò a stillare olii et erbe per far la vernice; perché fu detto da papa Leone: "Oimè costui non è per far nulla, da che comincia a pensare alla fine innanzi il principio dell’opera". Era sdegno grandissimo fra Michele Agnolo Buonaroti e lui; per il che partì di Fiorenza Michelagnolo per la concorrenza, con la scusa del duca Giuliano, essendo chiamato dal Papa per la facciata di S. Lorenzo. Lionardo intendendo ciò partì, et andò in Francia, dove il re avendo avuto opere sue, gli era molto affezzionato; e desiderava ch’e’ colorisse il cartone della S. Anna; ma egli, secondo il suo costume, lo tenne gran tempo in parole. Finalmente venuto vecchio, stette molti mesi ammalato; e vedendosi vicino alla morte, si volse diligentemente informare de le cose catoliche e