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Nel rimanente ho procurato di comparire in questa, se ben breve legazione, con il decoro e dignitá conveniente a rappresentante Vostra Serenitá, sapendo benissimo che per altro modo megliore non si può far il servizio del suo principe e coprir le proprie imperfezioni che con l’onorevolezza e col splendore. E se bene alle operazioni mie non si convengono questi titoli, ho però procurato, in quanto ho potuto, di superar me stesso e le mie fortune per conseguir questo fine. E ho voluto in questa prima occasione assuefarmi di poner dietro alle spalle tutti gl’interessi particolari della mia casa, per non dover aver mai altro in faccia né avanti gli occhi che il solo servizio della Serenitá Vostra, e cosí solennemente promesso anco questa sera di far sempre in tutti quei carichi, che dalla publica dignitá mi potessero esser nell’avvenire creduti e commessi. Per questo non mi son mai sgomentato nel veder trascorrere 25 mesi dalla mia elezione al mio partire, per gli accidenti che sono noti; tutto che per quel cosí lungo tempo mi sia stato necessario sostener molto interesse e mutar e rinovar anco molte cose, perché fossero proprie delle stagioni, secondo che andava parendo qualche speranza di poter partire. Ma veramente, signori eccellentissimi, convenivano a me questi accidenti estraordinari, perché straordinaria ed insolita fu anco la benignitá e la maniera con la quale questo eccellentissimo senato, dispensando la insufficienzia mia, si compiacque eleggermi a questa ambassaria: onde, si come perciò le mie obligazioni a Vostre Eccellenze restano infinite, cosí si possono assicurare che alcun accidente, per difficile, non sia per ritardarmi in alcun tempo dal debito che porto dal nascimento e da quell’obligo in cui mi trovo, per le continue publiche grazie strettamente ed indissolubilmente, constituto.

La mattina che dovevo partir da Mantova, mi venne a trovare il signor Giulio Campagna, che è quello che ha in custodia le gioie del signor duca; e, premesse molte parole di ufficio e di creanze, mi disse che non averebbe saputo mai l’Altezza Sua come poter corrispondere al gran merito della serenissima republica, né come degnamente trattare un suo ambassatore. Che perciò pregava a restar iscusato se non usava verso di me quei