Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. I, 1912 – BEIC 1904739.djvu/81

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relazione di vincenzo tron 75

l’ordinario l’Eccellenza Sua malinconico e di puoche parole. Nei qual rasonamenti mi disse un zorno, in proposito de l’amor della Serenitá Vostra verso di lui e della confidenzia che ella aveva in questa serenissima republica, che, per far noto ad ognun che ancora lui era amorevol fiol di questo serenissimo dominio, aveva delibera’ di vegnir publicamente in questa cittá a far riverenzia alla Serenitá Vostra. Al che io corrisposi con quelle cortese e grate parole che mi parsero convenienti, procedendo piú tosto un puoco riservado che altrimenti; si che l’Eccellenza Sua non ha possudo desiderar da me, come rapresentante della Serenitá Vostra, mazzor cortesia, né manco per le mie parole potrá esser rimasa piú calda di quel che ella era da se stessa. Ma, al creder mio, l’Eccellenza Sua, per causa della gran spesa che faria lei e tutti i soi, non metterá ad effetto cosí facilmente questo suo pensier.

Ora io vorrei dir alcuna cosa del secretario mio, qual è sta’ messer Antonio Mazza; ma perché esso è ben noto per le sue proprie azion e mi ha anche pregado di non attediar la Serenitá Vostra con parlar di lui, io dirò sol questo: che, se per molte ambassarie che ha fatto in servizio suo, e massime per quella di Milan, con tante differenzie di acque ed altri negozi de non minor importanzia, trattade con molta reputazion della Serenitá Vostra, è fatto segno al par di qualsivoglia altro della grazia sua, cosí mi par che nelle sue occorrenzie meriti d’esser raccomandato alla Serenitá Vostra ed alle Signorie Vostre eccellentissime.

De mi io non dirò cosa alcuna, perché il ringraziar la Serenitá Vostra dei onori, che ghe è piasudo di darmi, come doveria non posso; l’offerirgli l’aver e la persona mia in so servizio non debbo, perché offereria le cose sue, come sono tutte le cose mie. Le qual cose, dico sue e non mie, sempre che saranno adoperade e spese in servizio della Serenitá Vostra, io senza fallo ne riceverò piú tosto grandissima grazia, che la Serenitá Vostra e le Signorie Vostre eccellentissime una minima ricompensa dei oblighi che ghe ho.