Pagina:Verga - Eva.djvu/228

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Non c’era che dire, quei due bravi giovinotti si scannavano da perfetti gentiluomini.

Tornarono a mettersi in guardia; ma stavolta erano pallidi entrambi, di un pallore sinistro; lo scherzo di buona società cominciava a farsi serio. Enrico sentiva al certo che non aveva tempo da perdere, perchè il sangue gli scorrerà fra le dita della mano che si teneva sulla ferita, e la mano e la camicia gli si erano fatte rosse; si vedeva una terribile tensione in tutta la sua persona, nell’occhio intento, nei movimenti nervosi, nel garretto saldo, nel corpo piegato all’indietro; sembrava una molla d’acciaio che stia per iscattare. Il conte l’assaliva colla furia di chi capisce d’avere a fare con un terribile avversario, e sente di dover uccidere per non essere ucciso. Tutt’a un tratto si vide una striscia di luce strisciare e serpeggiare come una biscia sulla