Pagina:Verne - Racconti fantastici, 1874.pdf/104

Da Wikisource.
106 mastro zaccaria.


Mastro Zaccaria non parlava più, era caduto a terra, e dal suo petto oppresso uscivano solo queste parole: «La vita, la scienza.»

Questa scena aveva allora due nuovi testimoni: l’eremita ed Aubert. Mastro Zaccaria era coricato sul suolo. Geranda accanto a lui, più morta che viva, pregava.... d’un tratto si intese il rumore che precede il batter delle ore. Mastro Zaccaria si raddrizzò.

«Mezzanotte, esclamò.

L’eremita stese la mano verso il vecchio orologio e la mezzanotte non suonò. Allora mastro Zaccaria mandò un grido che dovette essere inteso dall’inferno, quando apparvero queste parole:

Chi tenterà farsi uguale a Dio sarà dannato per l’eternità.

Il vecchio orologio scoppiò con rumore di folgore, e la molla uscendo dall’incassatura saltò in mezzo alla sala con mille contorcimenti fantastici. Il vecchio si risollevò e le corse dietro cercando invano di afferrarla e gridando:

«La mia anima! La mia anima!

La molla saltellava dinanzi a lui, or da una parte or dal l’altra, senza che mai egli potesse afferrarla.

Finalmente Pittonaccio la prese e profferendo una orribile bestemmia sprofondò sotto terra. Mastro Zaccaria cadde rovescioni... era morto.

· · · · · · · · · · · · · · ·

Il corpo dell’orologiaio fu seppellito in mezzo ai picchi di Andernatt. Poi Aubert e Geranda tornarono a Ginevra, e nei lunghi anni che Dio concesse loro, si sforzarono di riscattare colla preghiera l’anima del riprovato della scienza.